Bus a fuoco, il delirio di Sy e la telefonata choc al 112: "Qui è tutto gasolio"

Inquirenti al lavoro per ricostruire la dinamica. "Volevo usare bambini come scudo"

Sy e il bus incendiato sulla Paullese

Sy e il bus incendiato sulla Paullese

Milano, 22 marzo 2019 - «Io questa cosa del gesto ce l’avevo in mente da tempo: volevo andare a Linate per prendere un aereo e tornare in Senegal e volevo usare i bambini come scudo fino all’aeroporto»: sono le prime parole farneticanti che Ousseynou Sy, 47 anni, autista che ha dirottato e incendiato lo scuolabus, ha pronunciato dal carcere di San Vittore, dove si trova sorvegliato a vista e in reparto protetto. Le accuse per lui sono pesantissime: strage, sequestro di persona, incendio e resistenza, con l’aggravante di aver agito con finalità di terrorismo. Secondo la procura di Milano l’aggravante terroristica è configurabile non solo alla luce delle frasi sconnesse pronunciate dall’uomo contro le politiche sull’immigrazione del governo, ma anche per la matrice e l’entità del gesto. Sy è un «cane sciolto», non ha mai aderito all’Isis o altre organizzazioni jihadiste. Intanto è caccia al filmato che il senegalese dice di avere registrato sul telefonino, di avere poi postato su YouTube e di avere anche spedito ad alcuni amici in Africa e a Crema. Di questo filmato-manifesto inneggiante al «gesto estremo» non ci sarebbe però alcuna traccia.

Gli investigatori hanno interpellato anche gli esperti informatici di Google, senza esito, sono quindi arrivati alla conclusione che il filmato potrebbe essere stato registrato, ma non spedito o Sy potrebbe averlo solo raccontato, insieme a quella serie di farneticazioni pronunciate dopo l’arresto e ripetute davanti al capo dell’antiterrorismo Alberto Nobili. «Sono stanco – ha insistito – di vedere i bambini che annegano, sbranati dagli squali», poi ancora critiche alle politiche dell’immigrazione. Gli inquirenti dovrebbero avere inoltrato già ieri in tarda serata la richiesta di convalida dell’arresto al gip, oggi quindi l’interrogatorio davanti al giudice.  L’avvocato Davide Lacchini ha già annunciato che chiederà per il suo assistito una perizia psichiatrica. «Si trovava in evidente stato di prostrazione fisica e psicologica: è chiaro che la situazione gli è sfuggita di mano, ma ha ribadito che non aveva intenzione di fare del male a nessuno», ha detto il legale. Dalle indagini emerge anche che nel 2007, quando gli era stata sospesa la patente per guida in stato di ebbrezza, l’uomo aveva chiesto un permesso per malattia alla società Autoguidovie per la quale già lavorava, per evitare di spiegare perché non potesse guidare

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