Clinica Santa Rita: Brega Massone, rischio ergastolo

Milano, per la Cassazione la pena a vita andava motivata meglio

Pier Paolo Brega Massone

Pier Paolo Brega Massone

Milano, 6 aprile 2018 - Un altro processo ci sarà, ma non è esclusa una nuova sentenza di ergastolo. Pareva che l’annullamento con rinvio della condanna al carcere a vita, deciso un anno fa dalla Cassazione, cancellasse una volta per tutte l’ipotesi degli omicidi volontari. Invece dalla lettura delle motivazioni della Suprema Corte, appena depositate, si comprende ora che per Gian Paolo Brega Massone, l’ex primario di chirurgia toracica della clinica Santa Rita di Milano, responsabile della morte di quattro pazienti per operazioni inutili fatte solo per soldi e ambizione, il rischio dell’ergastolo è ancora concreto.

La nuova Corte d’assise d’appello che ricelebrerà il processo al medico, se vorrà mantenere l’accusa di omicidio volontario, dovrà però motivare la condanna in modo più completo. In particolare, dovrà smontare la «possibile lettura alternativa» proposta dalla difesa, per cui la morte dei pazienti sarebbe «preterintenzionale», cioè oltre l’intenzione di procurare loro semplici lesioni. Sarà dunque riesaminato quanto accaduto nella “clinica degli orrori” perché «la prova dell’imputazione più grave deve essere raggiunta al di là di ogni ragionevole dubbio». L’appello-bis sulla vicenda delle morti seguite agli interventi del chirurgo dovrà così rispondere a cinque obiezioni: Brega e Presicci, l’aiuto primario, escludevano di uccidere perché pensavano di «controllare il rischio operatorio»; hanno tentato la rianimazione quando le cose si sono messe male; tanti interventi erano andati bene, escludevano di fallire. Infine, volevano evitare grane giudiziarie e assicurative e serve la prova che avrebbero operato anche con la certezza che i pazienti sarebbero morti, come avvenuto per Giuseppina Vailati di 82 anni, Maria Luisa Scocchetti di 65, Gustavo Dalto di 89, e Antonio Schiavo di 85.

Tutti portati in sala operatoria solo per "monetizzare" i rimborsi garantiti dal sistema sanitario nazionale. La Corte di Cassazione non ha escluso dunque che l’appello-bis possa colmare i buchi e arrivare alle conclusioni del primo appello concluso nel dicembre 2015. Scrive infatti che l’annullamento è limitato «alla ritenuta sussistenza del dolo di omicidio e alla qualificazione giuridica dei reati, in termini di omicidio volontario, anziché di omicidio preterintenzionale, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello per nuovo giudizio su tali punti». Gli “ermellini” spiegano quindi che resta sul tappeto la questione di stabilire se si sia trattato di omicidio volontario o preterintenzionale, senza alcuno «spazio applicativo» per l’omicidio colposo.

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