Candeggina nella bottiglia: incubo 'Acquabomber'

La ragazza comasca non ha subito lesioni gravi. Via alle indagini, forse un episodio isolato ma richiama il fenomeno di anni fa

Pronto soccorso (foto repertorio)

Pronto soccorso (foto repertorio)

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Milano - Un sorso di acqua mischiata con candeggina e la paura vissuta in tutta Italia all’inizio degli anni Duemila è tornata in un piccolo comune del Comasco, Pigra. L’incubo “Acquabomber“ è stato vissuto da una ragazza che, anche se si è subito accorta di quell’acqua da sapore anomalo, è finita al pronto soccorso per accertamenti. E, dopo aver verificato che quella bottiglia da cui aveva bevuto era stata manomessa, i carabinieri di Porlezza, coordinati dal sostituto procuratore di Como Antonia Pavan, stanno cercando di ricostruire a ritroso la provenienza di quella bottiglia.  Soprattutto, lanciano un appello a chiunque acquisti acqua o bibite in bottiglie di plastica, a osservare attentamente che siano integre, e che non presentino nemmeno un piccolo foro, come avvenuto in questo caso. 

Sabato sera la ragazza, una ventiseienne di Pigra, ha bevuto da una bottiglia da due litri acquistata una decina di giorni prima in un supermercato del Porlezzese. Le sono bastati un paio di sorsi per sentire distintamente il sapore di candeggina e bloccarsi, ma ormai una parte era stata ingerita. Prima di finire al pronto soccorso dell’ospedale Valduce di Como per accertarsi di non andare incontro a gravi conseguenze, ha fatto in tempo a notare che c’era un piccolo foro nella plastica, compatibile con un ago. L’intossicazione fortunatamente è stata minima, e la ragazza è stata subito dimessa, ma nel frattempo la Procura di Como ha disposto accertamenti d’urgenza per cercare di risalire al tragitto seguito da quella bottiglia prima di arrivare a casa della ventiseienne, ma anche per richiamare l’attenzione su quanto accaduto – anche da parte degli esercenti - anche se finora è stato l’unico caso segnalato. Ieri mattina i carabinieri di Porlezza sono intervenuti nei punti vendita della zona per fare verifiche sulle bottiglie, e in particolare in quello in cui era stato fatto l’acquisto, per acquisire eventuali riprese delle telecamere di sicurezza. Un tentativo dalle maglie larghissime perché, nella lunghissima filiera di imbottigliamento e vendita delle acque minerali, la contaminazione potrebbe essere avvenuta in qualunque momento. Tuttavia la bottiglia manomessa era stata acquistata almeno una decina di giorni prima, periodo durante il quale non si sono verificati casi analoghi. Qualunque sia stata l’origine di quella contaminazione, al momento sembra essere un caso isolato. 

Il ricordo è comunque tornato agli inizi degli anni Duemila quando l’Italia intera visse l’incubo della serie di sabotaggi di bottiglie di acqua minerale nei supermercati da nord a sud tanto da indurre a parlare di “banda Acquabomber“.  Dal Veneto, con il maggior numero di casi, 24, il fenomeno si estese in tutta Italia. In Lombardia fu colpita anche una studentessa lecchese che aveva bevuto da una bottglietta presa dal distributore automatico della scuola. Nel 2004 tre casi - tra cui una bimba di un anno - anche a Milano. Le modalità con cui i “sabotatori“ operavano erano uguali: sceglievano bottiglie di acqua minerale in vendita nei supermercati e praticavano un foro sul collo della bottiglia con una siringa da insulina, foro che rimaneva invisibile al consumtaore. Simili anche le sostanze utilizzate per avvelenare, dall’ammoniaca, alla candeggina al cloro ai detersivi. Altri casi si sono succeduti nel tempo, anche lo scorso anno è stata intossicata una coppia nel Casertano. Da qui il richiamo alla massima attenzione da parte delle forze dell’ordine a porre attenzione alle bottiglie acquistate e alla segnalazione tempestiva di casi analoghi a quello della giovane comasca.

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