Soldi della Lega per spese di famiglia, la Procura impugna l'assoluzione dei Bossi

Per la vicenda era stato condannato solo l'ex tesoriere Francesco Belsito, il Senatùr e il figlio Renzo erano stati prosciolti

Renzo Bossi in tribunale a Milano

Renzo Bossi in tribunale a Milano

Milano, 6 maggio 2019 - Va estesa anche a Umberto Bossi e al figlio Renzo la querela presentata dal leader della Lega Matteo Salvini solo nei confronti dell'ex tesoriere del movimento Francesco Belsito. Lo sostiene la Procura generale di Milano che ha impugnato la sentenza con cui a gennaio la Corte d'Appello aveva assolto per improcedibilità i due Bossi, 'salvati' dalla mossa del vicepremier, e condannato l'ex tesoriere a un anno e 8 mesi e 750 euro di multa. I tre sono imputati per l'uso a fini personali dei fondi del partito. 

In tre pagine indirizzate alla Cassazione il sostituto pg, Maria Pia Gualtieri, conclude sostenendo che una valutazione da parte dei giudici d'Appello «aderente» alla norma (art.123 codice penale) e «in linea con i consolidati orientamenti della giurisprudenza avrebbe consentito di estendere gli effetti della querela presentata da Matteo Salvini nei confronti di tutti gli imputati (Bossi Umberto, Bossi Renzo e Belsito Francesco) per tutte le illecite operazioni appropriative, rimuovendo l'ostacolo alla procedibilità». Secondo il pg la condotta descritte nel capo di imputazione «é unica e unico è il disegno criminoso» che accomuna tutti gli imputati: Umberto Bossi, quale segretario generale del movimento, «autorizzava i prelevamenti e i pagamenti a favore di se stesso o di terzi», Belsito «quale segretario amministrativo federale» e con la materiale «disponibilità del denaro, realizzava i pagamenti estranei ai fini e agli interessi del partito politico» e i figli del Senatùr, Riccardo (già condannato in separata sede in abbreviato) e Renzo «erano i richiedenti e i beneficiari delle somme di denaro della Lega Nord». Per il sostituto pg non è possibile «parcellizzare le condotte di ciascun imputato» in quanto dalla «valutazione complessiva del Compendio probatorio (...) si comprende come l'agire» di ognuno «consentiva e rafforzava la volontà illecita dell'altro. In altri termini - si legge nel ricorso per Cassazione - Belsito senza l'autorizzazione di Umberto Bossi non avrebbe potuto operare le appropriazioni» mentre il fondatore del Carroccio e il secondogenito «senza l'apporto materiale di Belsito (...), non avrebbero potuto beneficiare delle somme illecitamente sottratte alla lega Nord».

Lo scorso gennaio, in assenza della querela resa necessaria da una recente modifica del codice penale, la Corte aveva dichiarato non luogo a procedere per Umberto Bossi e il figlio Renzo, cancellando le rispettive condanne in primo grado a 2 anni e 3 mesi e 1 anno e 6 mesi per l'uso dei soldi del Carroccio. Padre e figlio erano accusati di aver utilizzato il primo 208 mila euro, e il secondo 145 mila euro, per spese personali. A Belsito era invece stata ridotta ridotta la pena da 2 anni e mezzo di carcere a 1 anno e 8 mesi (con sospensione e non menzione) e la multa da 900 a 750 euro.

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