Boss morto in cella, il pm sente testi del carcere

L’indagine è per omicidio colposo su eventuali carenze nell’assistenza del detenuto al 41bis

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La Procura sta indagando su eventuali carenze o omissioni nell’assistenza medico-sanitaria in relazione alla morte di Cosimo Di Lauro, boss della camorra deceduto nella notte tra il 12 e il 13 giugno, all’età di 49 anni, nel carcere milanese di Opera, dov’era detenuto in regime di 41bis.

A quanto si è saputo, nell’ambito del fascicolo aperto dal pm Roberto Fontana per omicidio colposo e nelle indagini condotte dalla Squadra mobile, sono già state sentite e saranno ascoltate alcune persone, tra cui altri detenuti al 41bis e operatori del carcere. Lo stesso pm nei giorni scorsi ha disposto, oltre agli esami autoptici già effettuati, una più ampia consulenza medico legale e tossicologica per chiarire con esattezza le cause della morte, nonché quali fossero le condizioni di salute nell’ultimo periodo dell’ex reggente dell’omonimo clan di camorra di Secondigliano, l’uomo che avrebbe ispirato la figura di Genny Savastano nela serie tivù “Gomorra“.

La morte del boss, che ormai viveva in un grave stato di decadimento psicofisico, sarebbe sopraggiunta nella notte, anche se la constatazione del decesso avvenne intorno alle 7 del giorno dopo. Sul cadavere e nella cella non vennero trovati segni o elementi che potessero far ipotizzare un suicidio o una morte violenta, come l’autopsia avrebbe confermato. L’indagine riguarda infatti eventuali responsabilità relative a mancata assistenza nei confronti del detenuto.

Nel frattempo il corpo di Di Lauro è stato cremato dopo un funerale in forma privata, a Napoli, alla presenza della madre e di uni fratello. La Questura aveva infatti vietato esequie pubbliche come accade per personaggi che vengano ritenuti ai vertici della criminalità organizzata.

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