La Prima contestata, il console ucraino scrive alla Scala: "No a Boris Godunov"

Lettera di Andrii Kartysh a Sala, Fontana e Meyer contro l’opera russa: "Rivedete il programma per evitare eventuali elementi di propaganda". Ma le operazioni per il montaggio delle scenografie termineranno oggi

L’immagine dello Zarevič Dmitrij scelta dal regista di Boris Godunov Kasper Holten per la

L’immagine dello Zarevič Dmitrij scelta dal regista di Boris Godunov Kasper Holten per la

Milano - No al Boris Godunov alla Prima della Scala. La contrarietà al titolo scelto per l’inaugurazione del 7 dicembre, già oggetto nei giorni scorsi di una raccolta firme on line lanciata dalla comunità ucraina, è stata espressa ieri ufficialmente in una lettera che il console Andrii Kartysh ha inviato al presidente della Fondazione, il sindaco Giuseppe Sala, al governatore Attilio Fontana e al sovrintendente Dominique Meyer. Pur premettendo i ringraziamenti alle autorità per "il manifesto sostegno, tuttora palpabile" verso Kiev dall’inizio della "guerra voluta dalla Federazione Russa", Kartysh ha sottolineato il "grande disappunto e rammarico" per le scelte artistiche del Piermarini, dall’opera di Musorgskij al recital del soprano Anna Netrebko. "Proprio perché la cultura viene utilizzata dalla Federazione Russa per dar peso all’asserzione della sua grandezza e potenza – ha scritto il console –, assecondare la sua propagazione non può che nutrire l’immagine del regime ivi vigente al giorno d’oggi, e dunque, per estensione, le sue ambizioni scellerate e i suoi innumerevoli crimini".

Da qui l’invito a "rivedere il programma della stagione al fine di bloccare eventuali elementi propagandastici", con la speranza che si avvicini "il momento in cui i confini dell’Ucraina, e con essi la pace nel nostro continente, saranno ripristinati", così che la cultura russa possa "tornare a essere svincolata dalla sua realtà politica" ed essere "apprezzata liberamente, senza rimorsi dettati dall’etica". Una presa di posizione che non lascia spazio alle interpretazioni, ma che non ha alcuna possibilità di sortire l’effetto sperato. Basti dire che mancano soltanto 26 giorni al sipario di Sant’Ambrogio e che le operazioni per il montaggio in palcoscenico delle scenografie di Es Devlin termineranno oggi.

Non è finita: la decisione di aprire il cartellone 2022-23 con Boris Godunov è stata comunicata ufficialmente cinque mesi fa, ma le indiscrezioni si rincorrevano già dalla fine del 2021. Senza contare che le stagioni al Piermarini si programmano almeno tre anni prima e che di conseguenza non può esserci alcun legame tra la scelta e l’attuale scenario geopolitico. Tradotto: se qualcuno avesse avuto qualcosa da ridire, avrebbe dovuto muoversi prima. Detto che quasi certamente non sarebbe cambiato nulla, c’è da considerare un altro aspetto: sin dall’immagine selezionata dal regista Kasper Holten per la campagna di comunicazione, quella dello Zarevič Dmitrij "assassinato dai sicari inviati da Boris Godunov per aprirsi la strada al trono", è chiara l’intenzione del teatro di offrire una lettura del potere critica e non apologetica.

E poi ci sono tutte le iniziative che via Filodrammatici ha messo in campo per dimostrare la vicinanza all’Ucraina e la non neutralità nel conflitto scatenato da Vladimir Putin con l’invasione del 24 febbraio scorso, pur rifuggendo la "caccia alle streghe" contro la cultura russa: dalla richiesta di Sala (caduta nel vuoto) al maestro Valery Gergiev di prendere posizione contro l’attacco del Cremlino nei giorni in cui era impegnato a Milano con la Dama di picche (diresse solo la prima recita) ai 380mila euro raccolti con il Concerto per la Pace del 4 aprile, fino alle sei giovanissime danzatrici ucraine accolte in Accademia. Fatti, non parole (che comunque non arriveranno nell’immediatezza per non alimentare ulteriori polemiche).

 

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