Boom di lodi al Sud, Lombardia ultima Il preside: voti sempre meno credibili

E gli atenei non credono più nei risultati della maturità, ma selezionano gli studenti con un test al quarto anno

di Simona Ballatore

Studenti lombardi meno “secchioni“? Professori più “bacchettoni“ a Nord? Verrebbe da chiederselo leggendo i dati della “maturità 2022“, quella del post-pandemia, del ritorno agli scritti. Questione annosa, che non si può ridurre ai soliti cliché. Sta di fatto che gli Esami di Stato fotografano una scuola a due velocità, non solo nella gara alle lodi. Se ne contano ben 3.011 in Campania rispetto alle 1.053 lombarde. Ma è la Calabria a detenere il record: sono 1.149, ovvero ha preso l’encomio il 6% dei suoi diplomati, contro l’1,3% dei lombardi. Spiccano le eccellenze di Puglia e Sicilia, meno quelle di Toscana ed Emilia Romagna. Il tutto nonostante le prove Invalsi fotografino la situazione completamente opposta, con i risultati della regione Lombardia superiori alla media nazionale e soprattutto con un 3% di dispersione scolastica implicita a fronte del 9,7% nazionale.

La doppia velocità si vede anche all’interno della stessa regione, con risultati che fanno strabuzzare gli occhi da commissione a commissione: dal record di lodi al classico Beccaria alle lodi “sparite“ all’artistico Brera, dove una è sfumata per mezzo punto. Ma è una scuola pure a tre velocità se si guardano gli indirizzi: i voti si spostano verso l’alto nei licei, mentre i 60100 si concentrano nei professionali. A livello nazionale, ha ottenuto la lode il 5,1% dei liceali, l’1,8% degli studenti dei tecnici e solo lo 0,9% dei diplomati nei professionali. Il 60 politico è invece stato strappato dal 2,4% dei liceali, dal 5,8% degli studenti dei tecnici e dal 6,4% dei professionali.

"I risultati mostrano il valore sempre più relativo che hanno questi dati e soprattutto un tema: il sistema della valutazione va rivisto", commenta Mauro Agostino Donato Zeni, preside del liceo Tenca e responsabile milanese dell’Anp, l’Associazione nazionale presidi. "Se uno fa mente locale si accorge che le università fanno già prove di ingresso al quarto anno e i loro test contano più del voto alla maturità – continua Zeni –. Anche questo fa vedere, sul campo, come il voto sia sempre più svuotato di significato, autoreferenziale o quasi". Come ormai da anni, la commissione che valuta è tutta interna, presidente a parte. Ma non solo. Quest’anno soltanto la prima prova - il tema - aveva carattere nazionale, con le tracce nascoste, uguali per tutti, arrivate da Roma. La seconda, di indirizzo, era creata dalle singole scuole, anche per evitare ai maturandi argomenti imprevisti, visti gli anni a singhiozzo alle spalle e una didattica a distanza che non ha pesato in ugual misura nelle diverse regioni.

"Si pone sempre più il tema dell’abolizione del valore legale del titolo di studio, oltre a una riflessione complessiva del voto che deve essere fatta con urgenza – sottolinea Zeni – perché deve essere dato finalmente più peso agli aspetti formativi e non “sommativi“. I numeri ci dicono poco, com’è reso evidente dalle troppe differenze territoriali". Che si scostano anche di diversi punti percentuali. "Le lodi doppie o triple rispetto a Milano si fanno fatica a spiegare, neppure con una ’tendenza al rigore’. Sono parole diverse per dire la stessa cosa: il voto non è confrontabile ed è anche disancorato dalla realtà. Ciascuna scuola si dovrebbe qualificare per quello che è". E sono campionati diversi anche quelli fra licei, tecnici e professionali: non perché sono più studiosi gli alunni degli uni o degli altri, ma perché sono diverse le competenze. Il metro che viene utilizzato alla maturità è però sempre quello liceale. "Il sistema di valutazione tende poi a essere compilativo – aggiunge Zeni –: si fa la ’caccia alle cose che non sai’ e la lista dei contenuti rispetto alla valorizzazione delle competenze e del percorso che hai fatto, esperienze di Pcto (ex alternanza scuola-lavoro, ndr) incluse, che spesso sono utili a mostrare la maturità raggiunta, non solo teorica". Un ragionamento da estendere non solo agli esami di Stato, secondo il responsabile milanese dell’Anp: "Che senso ha se ci sono ragazzi insufficienti per anni e poi con un passaggio miracoloso sono promossi col 6? Sarebbe più corretto, e funzionale al Paese, avere un fascicolo con i voti e il percorso che ti accompagna. Altrimenti i voti saranno sempre meno credibili. L’esame di Stato è la ciliegina finale su un sistema che deve essere rivisto".

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