Bonifica ex Saronio, l’eterno ritardo

Disattese le tempistiche ipotizzate dal ministro Cingolani, i capannoni da abbattere sono al loro posto

Migration

di Alessandra Zanardi

Ex Saronio, a che punto siamo? Ad oggi risultano disattese le tempistiche ipotizzate dal ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani che, in risposta ad un’interpellanza della deputata dei Cinque Stelle Valentina Barzotti, aveva indicato a partire dall’ultimo trimestre del 2021 l’avvio delle demolizioni degli edifici fatiscenti che punteggiano il terreno dell’ex azienda chimica di Cerro al Lambro, estesa su un’area di 45 mila metri quadrati nella frazione di Riozzo. L’abbattimento dei vecchi capannoni ammalorati è uno dei passaggi propedeutici alla bonifica necessaria per liberare il sito dai quantitativi di arsenico e mercurio ancora presenti nel suolo. Attualmente però gli edifici, alcuni dei quali a rischio di crollo, sono ancora al loro posto e non risulta essere stato ufficializzato un crono-programma relativo agli abbattimenti.

"Poiché siamo di fronte ad un ulteriore ritardo, urge l’istituzione di un tavolo tra enti, dal Demanio alla Regione, dalla Difesa al Comune di Cerro al Lambro, per stilare un progetto di riconversione ambientale e riutilizzo dell’area. Un progetto che potrebbe rendere più facile l’accesso ad eventuali fondi del Pnrr e dare così un’accelerata all’intero meccanismo anche per evitare che, effettuate le demolizioni, l’iter possa incepparsi di nuovo", commenta la deputata Barzotti, che si è presa l’impegno di continuare a vigilare sulla partita e favorire il dialogo tra istituzioni. La vicenda dell’ex Saronio si trascina da decenni. La fabbrica di Riozzo era un distaccamento dell’omonima ditta che nel quartier generale di Melegnano produceva solventi e coloranti, mentre a Cerro confezionava armi chimiche per l’esercito fascista. La sede di Melegnano restò in funzione dal 1926, anno della sua fondazione, fino al 1966, quando fu definitivamente dismessa dopo aver subìto una serie di ridimensionamenti; al contrario, la produzione di armi chimiche nel distaccamento di Riozzo ebbe una durata relativamente breve, a cavallo degli anni Quaranta. Nel periodo post bellico l’impianto venne usato per le esercitazioni militari, ma è in disuso da oltre quarant’anni. Durante il mandato amministrativo del sindaco Marco Sassi il Comune aveva valutato la possibilità di acquisire l’area, ma in assenza di certezze sui tempi e i modi della bonifica si era preferito desistere e lasciare che il sito restasse in capo, com’è tuttora, agli enti superiori (Demanio ed Esercito). Dalla creazione di un bosco urbano a quella di un museo, le idee per una riconversione non mancano. E i cittadini aspettano di potersi riappropriare di un pezzetto del loro paese.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro