Milano, neonata rapita dal padre: "Lucido piano per strapparla alla mamma"

I giudici: una sottrazione più volte prospettata alla moglie come minaccia e poi realizzata

Mamma e figlia

Mamma e figlia

Milano, 11 marzo 2019 - «Una sottrazione più volte prospettata alla moglie come minaccia e poi lucidamente realizzata. È così che - secondo i giudici - M.T., 40enne imprenditore lettone, strappò alla mamma italiana la loro figlia Noor (nome di fantasia) quando la piccola aveva appena nove mesi, e ora che ha quasi cinque anni ancora gliela tiene lontana. E la condanna a sei anni e quattro mesi di reclusione che T. ha incassato mesi fa dal tribunale milanese non ha cambiato di una virgola la situazione. La piccola è in Lettonia e lì è destinata a restare, chissà per quanto ancora. Eppure le motivazioni del verdetto di primo grado danno pieno credito alle denunce della ex moglie. «Può ritenersi provato – scrive il tribunale, presidente Elisabetta Canevini – che la donna, a partire dalla nascita della figlia nell’ottobre 2014, è stata oggetto di ripetute aggressioni fisiche, verbali, di minacce di notevole consistenza, di insulti e denigrazioni». T.e la madre della piccola, Samira M., 44enne italiana di origini marocchine, si erano sposati in Lettonia in quel 2014.

Tornati a Milano dove la coppia viveva in corso Indipendenza, in ottobre nacque Noor. Ma i rapporti tra i genitori si guastarono subito. La piccola viveva in Italia quasi sempre con mamma, mentre papà faceva la spola con la Lettonia per i suoi ricchi affari nel campo della security. Nel luglio 2015, la partenza per una breve vacanza tutti insieme all’estero dai nonni. Lì una notte, però, Samira si svegliò per allattare la piccola ma si accorse che Noor non era più nel suo lettino. Il papà se l’era portata via e qualcuno aveva sottratto loro i passaporti.

Da allora, la battaglia della donna (con il suo avvocato Lucia Gallè) per rivedere la figlia, sia davanti ai giudici lettoni che a quelli italiani in sede civile, non ha portato ad alcun risultato concreto. A Riga, dove l’uomo ha importanti conoscenze anche in ambito ministeriale, i giudici non ordinarono il rientro in Italia della bimba sostenendo che non c’era stata sottrazione e che l’equilibrio psicofisico di Noor sarebbe stato in pericolo a causa dei comportamenti della madre (ma nessuna relazione dei servizi sociali italiani aveva mai concluso in questo senso). In Italia la pesante condanna del tribunale penale, accompagnata per l’uomo dalla sospensione dell’esercizio della potestà genitoriale per due anni, non ha ribaltato la situazione. E alla mamma di Noor viene ancora negato ogni contatto con la bambina.

 

 

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