Berlusconi deve risarcire l'ex pm Robledo: 50mila euro per diffamazione

La Cassazione ha respinto il ricorso dei legali di Silvio Berlusconi contro la sentenza della corte d'Assise di Brescia

Silvio Berlusconi

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È stato respinto dalla Cassazione il ricorso dell'ex premier Silvio Berlusconi contro la condanna civile a risarcire con 50mila euro l'ex pm di Milano Alfredo Robledo per danni da diffamazione, come stabilito dalla Corte di Appello di Brescia nel 2020.

I fatti risalgono al 2006 quando, durante una conferenza stampa, l'allora Presidente del Consiglio accusò i pm del processo Mills di essersi rifiutati "di fare la giusta rogatoria" alle Bahamas che, a suo dire, li avrebbe smentiti e li definì "magistrati indegni che con i soldi degli italiani tramano contro il premier nel pieno della campagna elettorale".

Nel processo Mills, l'ex premier e leader azzurro era imputato per corruzione in atti giudiziari, accusa dalla quale è stato prosciolto per prescrizione. Anche il pm Fabio De Pasquale rappresentava la pubblica accusa, insieme a Robledo, ma non ha intrapreso l'azione giudiziaria nei confronti di Berlusconi. Ad avviso della Cassazione - verdetto 2605 della Prima sezione civile - il ricorso promosso dalla difesa di Berlusconi, rappresentato dagli avvocati Fabio Lepri e Fabio Roscioli, "trascura di considerare che la decisione" della Corte bresciana "ha accertato con motivazione puntuale, ampia e completa anche la falsità delle accuse rivolte ai pubblici ministeri di voler influenzare l'attività politica".

Ad avviso degli 'ermellini', con la decisione dell'appello, conforme a quella del primo grado del 2017, "l'esercizio del diritto di critica" da parte di Berlusconi "non è stato affatto negato" dalla corte bresciana che "invece, ha evidenziato gli elementi costitutivi della diffamazione sia sotto il profilo della non veridicità del narrato - in merito alle attività investigative di cui si lamenta il mancato svolgimento ed in merito alle accuse di sviamento e di asservimento degli inquirenti alla parte politica avversa -, sia sul piano della gravità e della sproporzione delle accuse".

Proprio la gravità delle accuse rivolte ai pm, prosegue la Cassazione, ha portato "ad escludere la continenza e la ricorrenza della scriminante, rimarcando - di contro - l'esistenza di fisiologici strumenti predisposti per assicurare l'esercizio di difesa dell'indagato/imputato dinanzi al giudice". Secondo i legali di Berlusconi, invece, «"arebbe stata compressa la libertà" dell'allora premier "volta a mettere in discussione le scelte dell'accusa 'coram populo'" dimenticando che "il diritto di critica e il potere di impugnare costituiscono estrinsecazione di diritti fondamentali autonomi". Ad avviso dei difensori, infine, "il nucleo essenziale" del discorso di Berlusconi "doveva ritenersi vero e pertanto anche nella parte giudicata illecita le dichiarazioni rese nel corso della conferenza stampa e della trasmissione radiofonica del 2006" dovevano essere considerate "legittime"

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