Benedetto XVI, le tre visite in Lombardia fra i sorrisi della folla

A Milano con i giovani nel 2012, a Brescia per Paolo VI nel 2009. Ma a Pavia, nel 2007, sulle orme di Sant’Agostino fu premonizione

Il papa a Bresso per il Family Day

Il papa a Bresso per il Family Day

Una figura minuta in veste candida. Una naturale ritrosia che si scioglie quando si trova davanti alla ola inaspettata di una folla immensa o viene avvolta nell’abbraccio dell’affetto. Benedetto XVI e la Lombardia. Papa Ratzinger è nell’arcidiocesi ambrosiana, all’inizio di giugno del 2012, per il Settimo Incontro mondiale delle Famiglie. Milano. Il saluto alla cittadinanza in piazza del Duomo, alla Scala la Nona sinfonia di Beethoven, l’incontro con il clero in Duomo e con i giovani allo stadio Meazza, gremito da 80 mila presenze per tributargli la ola. La veglia delle famiglie al Parco Nord di Bresso. "Lo Stato - dice il Papa in Arcivescovado - riconosca la famiglia fondata sul matrimonio" e pone i paletti sulle unioni di fatto. Memorabili i momenti all’aeroporto di Bresso, che si tramuta in un golfo dove s’incontrano e si fondono etnie e vissuti umani. Sono in mezzo milione per il Papa. E la timidezza, l’istintiva riservatezza del pontefice si tramutano in un sorriso sempre più aperto, in familiarità. Cattin, bambina vietnamita di sette anni, esordisce con uno squillante "Ciao Papa", presenta i genitori e il fratellino Bin e chiede, senza imbarazzo: "Mi piacerebbe sapere qualcosa della tua famiglia e di quando eri piccolo come me".

Non sono soltanto sorrisi. Dal palco scende il monito papale sulla responsabilità della politica ("I partiti non promettano cose che non possono realizzare"). L’auspicio di un gemellaggio della solidarietà tra famiglie, tra città, una "rete" di aiuto verso le comunità meno fortunate. Un messaggio per i divorziati: "La Chiesa ama i divorziati, non sono fuori anche se non possono avere l’Eucaristia e la confessione". È il terzo viaggio di Benedetto XVI in terra lombarda. Vigevano e Pavia, 21 e 22 aprile 2007. A Vigevano. Il Papa nell’unica diocesi che il suo predecessore Giovanni Paolo II non riuscì a visitare. È nella laboriosa, pragmatica città degli scarpari, dei meridionali immigrati, di tante figure dolenti e a loro modo epiche cantate da Mastronardi. Il saluto ai fedeli affacciato dal balcone dell’arcivescovado, in piazza Sant’Ambrogio. La messa in piazza Ducale con tutti i vescovi della Lombardia. Ratzinger esalta la vocazione pastorale e l’altra missione, quella laica. "E che dire dalla famiglia? È l’elemento portante della vita sociale, per cui solo lavorando si può rinnovare il tessuto della comunità e della stessa società civile". Parte un lungo applauso. "Vedo che siamo d’accordo", si compiace il Papa al microfono.

A Pavia. Il grande teologo va sulle orme di Sant’Agostino. La timidezza dell’uomo chiamato a guidare la Chiesa e quella di una città restia alla confidenza e all’abbandono si sciolgono attimo dopo attimo. Al Policlinico, luogo di sofferenza e insieme di speranza. "La sopportazione della sofferenza diventa un modo per sentirsi più vicini a Dio e, suscitando sentimenti di spontanea solidarietà, stimola il credente alla pratica cristiana". Nella notte è stato effettuato un trapianto di cuore. Il Papa si informa con il cardiochirurgo Mario Viganò sulle condizioni del paziente. Sono in ventimila per la messa agli Orti Borromaici. Papa Benedetto pare alludere a se stesso e insieme fare una premonizione quando parla di Sant’Agostino che avrebbe agognato votarsi al "colloquio con Dio e alla riflessione e contemplazione della bellezza e della verità della sua parola", ma per volontà della gente venne chiamato e consacrato alla predicazione e al servizio della comunità. Nel Cortile Teresiano dell’Università. In San Pietro in Ciel d’Oro, il momento finale per venerare l’Arca con le reliquie del vescovo di Ippona. Paolo VI e Benedetto XVI. Il bresciano, espressione del rigoroso cattolicesimo lombardo, e l’intellettuale tedesco, diversi ma accomunati dal rigore di pensiero e dal tratto umano della riservatezza. Papa Ratzinger è a Brescia l’8 novembre del 2009, una domenica di pioggia. Il primo appuntamento è a Botticino, il paese dei cavatori e di Sant’Arcangelo Tadini, fondatore della Congregazione delle Suore operaie. Brescia città colpita dal terrorismo. La sosta in piazza della Loggia non è prevista nel programma ufficiale. È stato il Papa a volerla. Una breve, intensa preghiera alla stele che ricorda le vittime dell’attentato del 28 maggio 1974, riprendendo così lo stesso gesto fatto da Papa Wojtyla nelle sue due visite alla città. È commosso al momento di impartire la benedizione. In Duomo saluta gli ammalati sul sagrato. Nell’omelia richiama una Chiesa "povera e libera". "Coscienza, rinnovamento, dialogo: queste le tre parole scelte da Paolo VI per esprimere i suoi ‘pensieri dominanti’, come lui li definisce, all’inizio del ministero petrino, e tutt’e tre riguardano la Chiesa". Nel pomeriggio è a Concesio, nella casa natale di Papa Montini, e inaugura la nuova sede dell’Istituto Paolo VI. Si parla di giovani. Paolo VI dedicò molti interventi alle nuove generazioni. Questo, sottolinea Papa Benedetto, "in momenti burrascosi e travagliati, come il ‘68. Con coraggio, indicò la strada dell’incontro con Cristo come esperienza educativa liberante e unica vera risposta ai desideri e alle aspirazioni dei giovani, divenuti vittime delle ideologie".

 

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro