Cesare Battisti, i parenti delle vittime: "Troppo facile parlare ora"

Alberto Torregiani, figlio del gioielliere ucciso a Milano: "Bisognerebbe capire perchè lo ha fatto. Sconto di pena?"

Alberto Torregiani (Alive)

Alberto Torregiani (Alive)

Milano, 26 marzo 2019 - Cesare Battisi ha messo in fila lucidamente, davanti agli inquirenti, quella lunga scia di sangue partita dalla fine degli anni Settanta, dai quattro delitti, di cui due materialmente commessi: quello del maresciallo di polizia penitenziaria Antonio Santoro, da lui ucciso a Udine il 6 giugno 1978 perché «perseguitava i detenuti politici»; quello del gioielliere Pierluigi Torregiani e del commerciante Lino Sabbadin, che militava nel Msi, uccisi entrambi il 16 febbraio 1979, il primo a Milano e il secondo a Mestre, «perché si erano armati contro i rapinatori, quindi erano miliziani schierati dalla parte dello Stato e andavano puniti». Infine, quello dell’agente della Digos Andrea Campagna, al quale Battisti ha sparato a Milano il 19 aprile 1978. 

L’ex terrorista dei Pac ha ammesso anche tre ferimenti. A essere «gambizzati» sono stati Giorgio Rossanigo, un medico del carcere di Novara «troppo severo nei confronti dei detenuti politici», Diego Fava, medico dell’Alfa Romeo che «non rilasciava facilmente certificati ai lavoratori politicizzati», e Antonio Nigro, guardia nel carcere di Verona.

Sorpresi da queste ammissioni sono in primo luogo i familiari delle vittime. «La confessione al primo interrogatorio mi sorprende, non pensavo potesse ammettere le sue colpe, ad ogni modo, meglio tardi che mai», dice Alberto Torregiani, figlio del gioielliere, che durante l’omicidio del padre rimase in sedia a rotelle. Poi aggiunge: «Bisognerebbe capire bene il motivo per cui solo oggi arrivano le scuse ai familiari delle vittime. Per ottenere uno sconto di pena forse?».

Anche il figlio di Lino Sabbadin, Adriano, non nasconde di essere stato preso in contropiede. Sullo sfondo, però, gli resta un dubbio: «Spero – afferma con tono pacato, ma fermo – che Battisti non ammetta gli omicidi per altri motivi, magari per ottenere un’indulgenza dai giudici che non merita: è giusto che sconti per intero la pena». «Le scuse adesso – aggiunge Maurizio Campagna, fratello di Andrea – mi sembrano fuori luogo. Non sono veritiere secondo me: l’unica cosa che Battisti pensa di ottenere sono gli sconti di pena che hanno ottenuto tanti terroristi, compresi i componenti dei Pac». E a Battisti, che a proposito degli Anni di piombo e degli omicidi di quegli anni ha parlato di una «guerra», Campagna risponde: «Non era un guerra, erano loro (Battisti e i Pac) dei killer seriali. Le scuse dovevano essere fatte molto tempo prima»

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