Superbatterio nel reparto Covid. L’ospedale: nessun aumento di mortalità

La dem Rozza chiede chiarimenti su un focolaio all’Asst Santi: "Tenere alta l’attenzione sulle infezioni"

La pandemia non annulla il problema storico delle infezioni nosocomiali resistenti

La pandemia non annulla il problema storico delle infezioni nosocomiali resistenti

Milano - È stato scoperto un intruso all’Asst dei Santi: un batterio sorvegliato speciale in almeno uno dei reparti in cui i malati lottano contro il coronavirus. E la consigliera regionale del Pd Carmela Rozza, con un’interrogazione a risposta scritta depositata venerdì al Pirellone, chiede "all’assessore competente" (Letizia Moratti, al Welfare) "chiarimenti in merito a un focolaio di Klebsiella New Delhi presso l’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano". Alla consigliera erano arrivate segnalazioni circa "la presenza, da più di un mese, di tale particolare ceppo batterico in pazienti ricoverati", "in particolare" in un reparto "di Rianimazione Covid del San Carlo" e in uno "di Malattie infettive del San Paolo". Rozza chiede se le segnalazioni "corrispondano al vero", e di conoscere "il numero dei contagiati da questo ceppo iper-resistente e il numero dei pazienti deceduti positivi al patogeno nella variante New Delhi e contemporaneamente al virus Sars-CoV-2". 

"La superinfezione è stata contenuta e non abbiamo evidenza di un aumento della mortalità nei reparti interessati", assicurano dall’Asst dei Santi, contattata dal Giorno . "Le infezioni da batteri multiresistenti si riscontrano spesso nelle strutture ospedaliere - aggiungono dalla direzione dell’Asst, guidata da Matteo Stocco -. Il comitato per le infezioni ospedaliere ha da subito adottato tutte le misure per il contenimento dell’infezione seguendo le indicazioni presenti in letteratura relative alla gestione di casi analoghi". 

La consigliera, nell’interrogazione, spiega che a lei sono stati segnalati "una dozzina" di decessi di pazienti ma, da ex infermiera, sa quanto sia difficile definire l’impatto di un’infezione su un organismo già debilitato dal coronavirus. La sua attenzione infatti s’appunta sulle "procedure attivate dall’Asst per arginare questo contagio" e sulle "azioni messe in campo con le autorità sanitarie regionali e l’Istituto superiore di sanità per ridurre il rischio di diffusione del batterio all’interno e al di fuori" dei due ospedali; e chiede se si tratti "di un caso isolato, se è stato attivato un monitoraggio e se lo stesso batterio nella variante è stato rilevato in altre strutture ospedaliere". 

Perché la klebsiella pneumoniae nella versione NDM o “New Delhi” (fu isolata per la prima volta in Svezia nel 2008 in un paziente proveniente dalla metropoli indiana) è una sorvegliata speciale, tanto che l’Asst dei Santi, in base a riscontri che Il Giorno ha ottenuto, ha segnalato la sua comparsa nella rete di sorveglianza: sono ceppi di klebsiella in grado di sintetizzare un enzima che li rende resistenti anche agli antibiotici più potenti, come i carbapenemi. Nel 2019 la Toscana, dopo una diffusione preoccupante di batteri NDM nell’area nord-occidentale della regione, ha diffuso indicazioni per il contenimento e avviato un monitoraggio stretto. 

Del resto già cinque anni fa l’Onu ha inserito i batteri resistenti agli antibiotici tra le quattro "minacce fondamentali per la salute umana" accanto all’Aids, all’Ebola e ai big killer come il cancro e il diabete. E già prima della pandemia la consigliera Rozza aveva chiesto alla Regione i dati sulle infezioni ospedaliere: "Non per fare polemica, i batteri multiresistenti negli ospedali ci sono e lo sappiamo da tempo. Ma è un problema che va affrontato con azioni adeguate, tempestive e approfondite nel momento in cui si individua un ceppo pericoloso, ma anche di sistema". Perché il fenomeno è complesso, collegato all’abuso o al cattivo utilizzo degli antibiotici fuori dagli ospedali, a casa e negli allevamenti. "E a maggior ragione ora che ci troviamo ad affrontare un virus terribile - chiosa Rozza - dobbiamo tenere alta la guardia".