"Questo è un regime assassino. Chiediamo giustizia e libertà per l’Iran. No alla dittatura". Poco dopo le 15, in mille sfilano da corso Venezia fino a piazza Scala urlando slogan contro il leader supremo iraniano Khamenei, "contro le violenze e gli omicidi. Siamo accanto al nostro popolo", spiega la Comunità iraniana di Milano che ha organizzato la manifestazione. "Donna, vita, libertà", gridano i partecipanti. In testa al corteo un “boia“ in mezzo a una forca. Dietro, lo striscione "Una soluzione: rivoluzione". Cappi sventolati dai manifestanti insieme a cartelli con sopra i nomi di chi ha perso la vita per aver espresso dissenso: Minou Majidi, "mamma di due bimbi uccisa dalle forze di sicurezza iraniane mentre protestava per l’uccisione di Masha Amini", oppure Behnam Layeghpour, "un ragazzo di 25 anni assassinato dalle forze di sicurezza della Repubblica islamica a Rasht". E moltissimi altri. "Purtroppo la scia di sangue non si ferma. Due giorni fa è stato ammazzato un giovane di 23 anni (Mohsen Shekari, il primo giustiziato, ndr) per le proteste in strada. Domani è prevista l’esecuzione di un altro ragazzo: basta". Un appello per sensibilizzare Milano, l’Italia e tutti i Paesi democratici: "Stop alla vendita di armi all’Iran. L’Italia smetta di aiutare il regime e interrompa le relazioni diplomatiche. Le ambasciate vanno chiuse perché non ci rappresentano", sottolinea Naeimeh, trentaduenne iraniana laureata in architettura al Politecnico di Milano. "Milano bella mia, sii la voce mia", altro slogan. Al corteo anche Marjan, coetanea e collega, a Milano da 10 anni. "Il mio sogno è tornare nel mio Paese quando il regime non ci sarà più. Ora è un posto disumano. La mia famiglia è in Iran e non sempre riusciamo a comunicare perché internet spesso è bloccato. Ci è capitato di non avere alcun contatto per 10 giorni di fila".
Marianna Vazzana
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