Bando per arruolare 900 medici di base A loro case Aler per lavorare in periferia

Aperto ai camici bianchi che non sono nelle graduatorie regionali e chi ha concluso il triennio specialistico

di Giambattista Anastasio

La Regione Lombardia riparte alla ricerca di nuovi medici di base. A darne annuncio è stata, ieri, Letizia Moratti, vicepresidente della Giunta regionale nonché assessore al Welfare: "Il 15 giugno apriamo un nuovo bando, che si chiuderà il 15 luglio, per reclutare 900 medici di medicina generale". Si tratta, per l’esattezza, del secondo bando lanciato da Palazzo Lombardia nell’anno in corso. Al primo avevano risposto non più di 300 camici bianchi, ma in questo caso si era attinto solo dalle graduatorie regionali. Ora ecco il bando bis che sarà aperto anche a medici che non sono nelle graduatorie lombarde e a coloro che hanno concluso il triennio di specializzazione che segue la laurea in Medicina.

Non è finita, però. Il bando prevede "anche alcune facilitazioni – ha fatto sapere la stessa Moratti sempre a margine della visita al Salone del Mobile di Milano – come, per esempio, la disponibilità di una cinquantina di alloggi e locali Aler che saranno riservati ai medici di medicina generale" perché possano aprirvi lo studio e assicurare, quindi, la loro presenza e il loro servizio anche nei quartieri periferici, più sguarniti di altri. "Stiamo lavorando con Aler per aumentare il numero dei locali che possono essere messi a disposizione di quanti parteciperanno al bando", ha aggiunto la vicepresidente della Giunta regionale. Che poi ha chiuso con un accenno alla campagna vaccinale contro il Coronavirus: "Sul fronte delle quarte dosi in Lombardia stiamo andando bene. Siamo come sempre la prima regione in Italia e in questo momento abbiamo un numero giornaliero complessivo di circa 4.500 dosi, di cui ovviamente le terze e le quarte sono le più numerose. E per quanto riguarda le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) abbiamo coperto ormai l’83% dei vaccinabili con secondo booster".

Nel frattempo non accenna a sopirsi il dibattito intorno alle dichiarazioni con le quali la stessa Moratti, solo mercoledì, ha annunciato "sperimentazioni in corso in alcune Aziende Socio Sanitarie Territoriali" in cui alcuni infermieri forniscono "supporto e supplenza" proprio "per affrontare la carenza di medici di base". Una sperimentazione che, ha precisato la Direzione Welfare della Regione, consiste in una "supplenza organizzativa, non professionale perché le due figure – gli infermieri e i medici di base – hanno competenze diverse e non sovrapponibili. L’obiettivo è aumentare il numero di persone prese in carico e assistite.

Ieri, però, ecco arrivare la nota dei presidenti degli Ordini provinciali dei Medici lombardi, riuniti nella Fromceo Lombardia: "Le recenti affermazioni di Letizia Moratti su infermieri come supplenti dei medici di famiglia per affrontare la carenza di quest’ultimi non possono che destare stupore, anche se si inseriscono in un contesto di precedenti esternazioni che denotano la mancata conoscenza dei reali problemi e della concreta quotidianità della sanità territoriale, ma anche dei fondamenti dei diversi ordinamenti professionali vigenti nel nostro Paese, non derogabili certamente da un assessore che, anzi, dovrebbe esserne il garante" vi si legge. "La legislazione vigente – prosegue e conclude la nota – affida la diagnosi e la prescrizione della terapia al medico. È singolare che un assessore non si renda conto della diversità tra il profilo professionale del medico e quello dell’infermiere, che non abbia compreso come le due figure non possono sostituirsi tra loro".

mail giambattista.anastasio@ilgiorno.net

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