Bimbo ucciso, fiaccolata nel quartiere San Siro: in pochi piangono Mehmed

Solo 30 persone al corteo per il bambino di via Ricciarelli. Il papà killer resta in cella: "Potrebbe farlo ancora"

Fiaccolata per il piccolo Mehmed

Fiaccolata per il piccolo Mehmed

Milano, 25 maggio 2019 - Lo ha fatto una volta. E potrebbe farlo ancora, o magari approfittare della momentanea libertà per fuggire all’estero. Con queste motivazioni, il gip Valerio Natale ha convalidato il fermo per omicidio aggravato e disposto la misura cautelare del carcere per Aljica Hrustic, il 25enne di origini croate arrestato mercoledì per l’assassinio di suo figlio Mehmed, di 2 anni e 5 mesi. Secondo quanto ricostruito finora, l’uomo ha picchiato il figlio fino a ucciderlo, pur non avendone le intenzioni, stando alle parole da lui pronunciate durante l’interrogatorio: «Non riuscivo a dormire, mi sono alzato e l’ho picchiato». Restano ancora tanti gli interrogativi in questa storia drammatica. Ad alcuni risponderà l’esame autoptico, in programma all’inizio della prossima settimana, che dovrà chiarire in particolare se il bambino abbia subìto violenze anche nei giorni precedenti al delitto, come lasciano purtroppo ipotizzare i lividi da percosse rinvenuti su tutto il corpo. Da analizzare anche le bruciature sui piedini, che sarebbero sempre opera di Hrustic, secondo quanto riferito alla polizia dalla moglie Sylvija.

Intanto ieri sera si è tenuta la fiaccolata di quartiere per ricordare il piccolo Mehmed. Chi si aspettava una partecipazione di massa all’iniziativa è rimasto negativamente sorpreso. Sì, perché in piazza si sono ritrovate appena trenta persone tra genitori coi passeggini al seguito, anziani, adolescenti. Italiani e stranieri. «Non deve più succedere. Vigiliamo, per tutti gli altri bambini che vivono in condizioni disumane», l’esortazione di Antonio Santoiemma, l’organizzatore della manifestazione, 69enne residente in zona che il giorno precedente aveva consegnato alla Procura una denuncia contro il Tribunale dei Minorenni e il Comune con l’accusa di «concorso morale in omicidio» per non essere intervenuti per tempo a tutela del piccolo. In pochissimi hanno raccolto il suo invito.

Un flop che non lo scoraggia: «Mi aspettavo più partecipazione. È anche vero che ho organizzato l’evento in un giorno, ho avuto poco tempo per pubblicizzarlo», sottolinea. Ha tappezzato la zona di volantini e sparso la voce. «Noi ci rivolgiamo soprattutto alle istituzioni – evidenzia Maria, 38 anni, tra i partecipanti – perché sono assenti. Io vivo in via Ricciarelli e un appartamento della mia palazzina è stato occupato da una famiglia di egiziani con bambini. I piccoli vivono in mezzo alla sporcizia e sono spesso soli. L’ho segnalato, ma nessuno è intervenuto». Nessuno dei vicini, invece, sembra aver sentito le urla di Mehmed. Possibile? «A me pare impossibile pure che le istituzioni non fossero a conoscenza di questa situazione. L’idea che mi sono fatta è che certe famiglie non vogliano essere aiutate», continua Dorotea Rigamonti, che ha sfilato insieme al marito e ai due figli. Parole alternate al silenzio, lungo il serpentone pieno di luci. Occhi lucidi alternati a sguardi vigili: «Guardate la scia di immondizia. Guardate i bambini che giocano da soli nei cortili. Guardate le case che cadono a pezzi». A fine corteo, i lumini accesi sono stati adagiati all’ingresso del caseggiato del piccolo Mehmed, pieno di messaggi e pupazzi. «Non ti conoscevo - si legge su un biglietto - ma per me sei un guerriero. E adesso sei diventato un angelo in cielo».

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