Gli esperti a Milano: "Freddi, incoscienti e senza capi: così sono cambiate le baby gang"

Don Claudio Burgio, cappellano del Beccaria, e Feder dai loro osservatori privilegiati: "Non si rendono conto della gravità di quel che fanno"

Quello dei baby gang resta un serio problema non solo metropolitano

Quello dei baby gang resta un serio problema non solo metropolitano

Milano - Freddi dentro, senza obbedire a gerarchia, rituale né codice. Le baby gang non sono più quelle di un tempo. Secondo don Claudio Burgio, cappellano del Beccaria e responsabile della comunità Kayròs, è sbagliato applicare il termine per le forme di devianza giovanile attuale. "Le gang erano quelle dei latinos di qualche anno fa, associazioni come Ms13 o Ms18 protagoniste anche di reati molto gravi che agivano in modo premeditato e con gerarchia all’interno. Oggi abbiamo a che fare con ragazzini di 14-15 anni che non organizzano condotte delittuose. Sono gruppi spontanei - non associazioni - che si danno appuntamento sui social, si incontrano e in maniera improvvisata mettono in atto rapine o altri reati. I soldi servono soprattutto all’acquisto di abiti di marca e a permettersi un certo stile di vita. Di nuovo c’è l’esibizionismo sui social: i giovanissimi emulano condotte devianti per conquistare follower".

Simone Feder, psicologo e coordinatore dell’Area giovani e dipendenze della Comunità Casa del giovane, è ancor più esplicito commentando le molestie di giovanissime da parte di una trentina di ragazzi, all’apparenza nordafricani: "Non entro in merito alla questione etnica. È evidente però che questi ragazzi hanno agito come un branco. Sono diversi dalle bande dei latinos di 15 anni fa che si sottoponevano a rituali e obbedivano a un codice. Le azioni delittuose dei gruppi attuali sono estemporanee, chi ne fa parte non si rende neppure conto di commettere un reato. Dai percorsi di recupero deduciamo che gli adolescenti di oggi hanno difficoltà a mettersi nei panni dell’altro. Sono freddi dentro e pieni di una collera che i nostri stessi operatori fanno fatica a reggere". Alla base spesso c’è una famiglia assente: "Sono ragazzi cresciuti fra patatine e iPhone, a cui nessuno ha mai impedito nulla, e che non hanno introiettato regole, a partire dal rispetto dell’altro e dal significato della parola “no“. Se tutto ti viene permesso ti permetti tutto. E parliamo anche di italianissimi, figli di professionisti".

Al momento alla comunità di don Burgio a Vimodrone sono accolti 50 ragazzi in misura cautelare o in messa alla prova, dai 14 anni in su, inclusi due rapper legati al gruppo della Seven Zoo di San Siro. Non sempre il cammino di risalita è facile: "Nella nostra comunità, avendo ospitando rapper come Sacky, Baby Gang, Neima Ezza, c’è un senso di appartenenza maggiore ma in altre spesso i ragazzini scappano, passando fra strada, istituto di pena e comunità. Il primo passo quando sono così piccoli è far a loro capire cosa hanno commesso e perché. A 14 anni si è nel pieno dell’istintualità e alcune situazioni vanno contenute, il vero cambiamento è possibile più tardi, verso 17-18 anni". Alla casa del giovane invece gli ospiti sono 13, dai 15 a 21 anni, con polidipendenze (dall’alcol alla coca) o risse, spaccio, furti per cui sono in messa alla prova. Per Feder il tema è "evitare che si formino ghetti con comunità formate solo da chi ha commesso reati, il rischio è rendere strutturale il disagio".