Milano, 30 agosto 2017 - Si fanno più chiari i contorni della feroce aggressione a Paola Marioni, l’avvocatessa di 57 anni accoltellata nel suo studio in via dei Pellegrini, in zona Porta Romana a Milano. Ci sono almeno tre punti fermi, ora, nel giallo del fantomatico “Deandrese”, il cliente con nome falso che il 20 luglio è entrato nell’ufficio della professionista e ha tentato di ucciderla. Gli investigatori seguono una pista precisa, sono convinti che quell’uomo alto, pelato, distinto e dai modi affabili non fosse un semplice esecutore, un killer mandato da altri per uccidere, ma fosse uno dei clienti della donna. E ancora gli investigatori dicono che il suo vero nome potrebbe essere contenuto nelle carte relative alle liquidazioni dei debiti immobiliari e dei pignoramenti di cui la donna si occupava. Si tratta di pratiche di supporto all’attività dei giudici che non prevedono un incontro tra l’avvocato e il cliente, come nel caso delle conciliazioni. La donna infatti giura di non averlo mai visto prima.
Il killer sarebbe comunque tutt’altro che un dilettante: gli investigatori pensano che l’uomo abbia non solo preparando l’aggressione nei dettagli, ma che abbia fatto sopralluoghi nei giorni precedenti e chiesto informazioni senza dare troppo nell’occhio. Per una aggressione perfetta infatti, al punto da non lasciare alcuna traccia e nemmeno alcuna immagine ripresa dalle tante telecamere, il killer doveva sapere come muoversi. Doveve conoscere il luogo e le trappole da schivare. Doveva sapere che quel giorno la Marioni non aveva appuntamenti prima del suo e nemmeno dopo, e ancora doveva sapere che era l’unico giorno in cui la portinaia era assente e la sostituta finiva il servizio alle 13. Un elemento quest’ultimo importantissimo, perché la portinaia lo avrebbe visto sicuramente entrare o uscire e avrebbe sentito per prima le urla della donna mentre veniva ripetutamente accoltellata. L’uomo avrebbe poi preso appuntamento con la Marioni chiamandola da una cabina telefonica.
Per gli inquirenti il killer è un uomo molto lucido nel portare a termine il suo piano, ma squilibrato, e il movente sarebbe la rabbia per un affare che lo ha danneggiato economicamente, una lite condominiale con i vicini sfociata poi nell’obbligo per lui di risarcire qualcuno. Non grandi affari, secondo la polizia, non grosse cifre. L’uomo, sentendosi danneggiato e beffato, ha studiato un piano per consumare la vendetta. Una vendetta ovviamente sproporzionata ai fatti, sono convinti gli investigatori. «Passi avanti ne abbiamo fatti, si tratta di analizzare bene tutte le pratiche - dicono - soprattutto le ultime». La concessione della scorta, chiesta dalla Marioni, non dipende dalla Procura, ma intanto le forze dell’ordine hanno intensificato i controlli sotto la sua casa.
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