Dopo i percorsi di formazione professionale l’istituto tecnico Primo Levi di Bollate porta in carcere anche quello di "auto imprenditorialità" per dare la possibilità ai detenuti di conoscere tutti gli step da compiere per avviare una start-up. Si tratta di una nuova scommessa per l’istituto superiore bollatese che ha avviato le prime classi dietro le sbarre nel 2004 e in questi 19 anni ha consentito a molti detenuti di conseguire il diploma. Oggi sono 55 i detenuti che frequentano quotidianamente le lezioni dei corsi di operatori e tecnico ai servizi di impresa e quello di servizi commerciali, suddivisi in sei classi, cinque nel reparto maschile e una in quello femminile. Dieci i docenti di ruolo della sezione carcerari e quattro con incarichi annuali.
"L’istruzione e formazione professionale in carcere è considerata dal legislatore un’opportunità irrinunciabile per attuare il principio costituzionale di favorire il pieno riscatto della persona condannata per favorire il reinserimento nella società civile - dichiara Stefania Giacalone, dirigente reggente al Levi - Il contesto detentivo non consente di andare ‘oltre le mura’ dello spazio dedicato alla scuola, tuttavia permette, paradossalmente, di incontrare il mondo. In questa ottica la nostra scuola è un importante punto di risocializzazione perché offre l’occasione di conoscere, attraverso gli studi, nuove prospettive di vita". Nei giorni scorsi con un convegno sull’economia nella Città Metropolitana di Milano post Covid ha preso ufficialmente il via anche il nuovo percorso di auto-imprenditorialità. "Conoscere quello che c’è fuori e quali sono le opportunità o richieste del mercato del lavoro era il primo passo da fare - spiega Rosetta Nardi docente e coordinatrice del progetto - Nei prossimi mesi porteremo in carcere diversi professionisti per dare ai detenuti che sono interessati la possibilità di conoscere i passi fa dare per avviare un’impresa". Roberta Rampini
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