Attività culturali Il digitale poco sfruttato

Ruben

Razzante*

Anche la cultura è ripartita dopo il Covid. Le code per entrare nei musei o per partecipare a spettacoli teatrali sono emblematiche. L’eliminazione dell’obbligo di mascherina ha incentivato ulteriormente gli accessi. Ma la trasformazione digitale della cultura procede a rilento, perché la metà delle istituzioni culturali italiane non ha personale dedicato all’innovazione tecnologica. Sono queste alcune delle indicazioni emerse dalle indagini dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali della School of Management del Politecnico di Milano. Gli strumenti digitali sono ormai un supporto importante ai processi gestionali nel settore della cultura. I teatri presentano livelli leggermente più alti dei musei; l’acquisto on-line, ad esempio, è disponibile nel 78% dei teatri dotati di un sistema di biglietteria e incide sul totale delle entrate in maniera più significativa di quanto non avvenga nei musei. Dal sito diretto del teatro transita, infatti, mediamente l’11% dei ricavi e da altri intermediari on-line il 12% (nei musei le rispettive quote sono il 7% e il 4%). Guardando alle attività di marketing digitale, il 59% dei teatri fa advertising on-line o sui social, il 23% Search Engine Optimization, il 10% remarketing. Il 58% raccoglie dati in modalità digitale e il 14% ha investito in sistemi di cybersecurity e data protection. Sfogliando quella ricerca, si scopre che i musei italiani nei prossimi due anni dedicheranno il 28% degli investimenti alla conservazione e digitalizzazione della collezione e il 19% alla digitalizzazione dei servizi di supporto alla visita in loco. Per i teatri l’investimento in digitale si concentrerà su marketing, comunicazione e customer care (40%) e su ticketing, gestione delle prenotazioni e controllo accessi (18%) Tuttavia, in entrambi i comparti, solo una istituzione culturale su 5 ha un piano strategico dedicato al digitale.

* Docente

Diritto dell’informazione Università Cattolica Milano

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