Attacco hacker alla San Carlo, chiesto un riscatto all'azienda delle patatine

Si moltiplicano gli attacchi informatici alla aziende. Settimana scorsa era toccato alla Siae

San Carlo

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Milano, 26 ottebre 2021 - Attacco hacker contro la San Carlo, gruppo alimentare specializzato nella produzione e commercializzazione di snack e patatine. L'azienda è stata colpita nei giorni scorsi da un attacco ramsonwere che però è stato "aggirato" dagli specialisti informatici del gruppo e non ha per il momento pregiudicato l'operatività dell'azienda nè provocato danni. Gli hacker avrebbero anche chiesto un riscatto che i vertici vertici del gruppo milanese non intendono pagare. L'azienda ha presentato ieri alla polizia postale denuncia che ha fatto scattare le indagini dirette dalla procura di Milano.

L'attacco informatico

Attacchi Acker alle imprese che si stanno ormai moltiplicando. Settimana scorsa era stata la volta della Siae. Nell'attacco i pirati informatici avevano rubato dati su diversi artisti ai quali sarebbe stato chiesto un riscatto.

 "I nostri tecnici hanno riscontrato un'intrusione nei nostri sistemi informatici. Sono state immediatamente attivate tutte le procedure di sicurezza per isolare e contenere la minaccia. Al momento alcuni servizi informatici sono solo parzialmente funzionanti, ma l'operativita' del Gruppo e' comunque garantita, dalla produzione, alla distribuzione, alla vendita dei nostri prodotti". Così San Carlo dopo l'attacco hacker subito in questi giorni.

La storia della San Carlo

Quando ancora non esisteva l'aperitivo, e le merende erano solo quelle dolci parentesi che si portavano a scuola, la San Carlo già era operativa e lavorava per stuzzicare i palati dei bambini e degli adulti. L'azienda regina dello snack (con lo slogan "il buon gusto italiano") ha aperto i battenti infatti nel lontano 1936 quando un giovane imprenditore, Francesco Vitaloni, insieme alla moglie Angela, inizia il suo lavoro in una rosticceria in via Lecco 18 a Milano, che chiama San Carlo come omaggio alla vicina chiesa di San Carlo al Lazzaretto. Nel negozio si frigge di tutto, dal pollo alla verdura. Ma a riscuotere un grande successo sono le patatine croccanti: piacciono non solo ai clienti ma vengono richieste anche da tutti i bar della zona. A mano a mano la rosticceria - diremmo ora, un fast food ante litteram - comincia a produrre talmente tanto (si parla di 20 chili di patatine al giorno) che Vitaloni decide di trasferire l'attivita'. E così 4 anni dopo, nel 1940, la San Carlo inaugura i nuovi locali, più ampi, in nuovo quartiere milanese, quello di Greco.

L'azienda poi si espande e al timone va il figlio di Francesco, Alberto. Nel 1988, la sua espansione e' tale che i suoi snack diventano protagonisti di una serie di acquisizioni anche europee fino a quando nel 1992, dopo aver dato vita a Unichips Finanziaria, la holding di controllo delle partecipazioni del gruppo, acquisisce dalla Pavesi di Novara, facente parte del gruppo IRI, il marchio aziendale Pai, controllando il 70% del mercato nazionale delle patatine. L'azienda diventa anche teatro di una diatriba familiare finche' la sua guida finisce ad uno dei figli di Alberto, Susanna (nel 2016) che controlla il gruppo. Sponsor ufficiale del Napoli e del Catania, i suoi siti di produzione in Italia sono situati a Novara, Roverbella (provincia di Mantova), Lavis (provincia di Trento) e Sant'Ambrogio di Torino, nel piemontese. Stando agli ultimi bilanci, come quello di 4 anni fa, l'azienda ha un fatturato annuo che si aggira sui 315 milioni e conta 2.200 dipendenti.

L'esperto

"L'ennessimo attacco ransomware che vede coinvolto il gruppo alimentare San Carlo dimostra l'accanimento delle gang criminali verso l'Italia. Il gruppo impiega centinaia di lavoratori e milioni di euro di vendite. Come tutti i grandi gruppi e' un bersaglio perfetto per il cybercrime". Così all'agenzia AGI Marco Ramilli, fondatore e Ceo di Yoroi ed esperto internazionale di cybersecurity. "Yoroi ha analizzato 80 grandi imprese italiane nel settore alimentare, della moda, delle automobili e scoperto che il 50% e' a rischio ransomware a causa delle esposizioni su Internet dei loro sistemi, delle falle di sicurezza dei software e dei dati relativi sottratti al contollo degli interessati (Dataleakage)", aggiunge Ramilli.