Assegno unico, penalizzati i disabili oltre i 21 anni

Niente maggiorazioni per chi supera quell’età a prescindere dalla sua condizione. Il caso di Stefania: a mia sorella importo dimezzato

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di Giambattista Anastasio

"Forse qualcuno pensa che una persona con una disabilità tale da non essere autosufficiente possa recuperare qualche abilità col passare degli anni, col crescere dell’età, e ridurre così il suo bisogno di assistenza?". A porre la domanda è Stefania Zampatti. Ed è una di quelle domande che si suol definire retoriche perché la risposta è ovvia: no, la condizione di non autosufficienza non si riduce all’aumentare dell’età anagrafica. Anzi. La domanda di Stefania, allora, non è solo retorica ma anche polemica.

Ad ispirarla sono le modalità con le quali è stato concepito l’assegno unico universale, il sussidio al debutto in questi primi mesi del 2022 con il quale il Governo ha sostituito e unificato altre 5 misure di sostegno alla natalità, alla famiglia e all’occupazione femminile. Già ieri abbiamo riportato su queste pagine il problema – segnalato dall’associazione “Famiglie Disabili Lombarde“ – relativo a quello che è il criterio principale in base al quale viene definito l’importo dell’assegno: l’Isee. In questo indicatore finiscono tutte le misure previdenziali e assistenziali percepite dalla persona con disabilità: dalle indennità di invalidità e accompagnamento agli assegni riconosciuti dalla Regione a chi ha a carico un disabile grave o gravissimo, fino ai risarcimenti dei danni per incidenti o eventi che hanno provocato lo stato di invalidità e di disabilità. Queste voci concorrono a determinare l’Isee e quindi accade che le famiglie con persone con disabilità si ritrovino con un reddito maggiorato e un assegno unico ridotto proprio a causa del superamento di una data soglia Isee. Lo Stato con una mano dà e con l’altra toglie. Poco sembra importare delle tre sentenze con le quali il Consiglio di Stato, nel 2016, ha affermato che quanto percepito in ragione e a sostegno di una condizione di disabilità non deve contribuire a determinare il reddito della famiglia. Poco sembra importare del dato di realtà fotografato dall’Istat: "I trasferimenti sociali – si legge nella relazione sulla disabilità del marzo 2021 – non sono sufficienti a garantire alle famiglie con persone disabili condizioni di vita analoghe al resto della popolazione e ciò a causa dei costi aggiuntivi, di natura medica e sanitaria, indotti proprio dalla disabilità".

Da qui all’altro criterio “sensibile“ in base al quale viene definito l’importo dell’assegno unico, quello all’origine della domanda di Stefania: l’età. Nel caso dei figli con disabilità sono previste regole diverse per minorenni e maggiorenni. Se il minore ha una disabilità media la sua famiglia ha diritto ad una maggiorazione di 85 euro mensili, se ha una disabilità grave la maggiorazione sale a 95 euro e se il minore non è autosufficiente sale ancora: 105 euro. La maggiorazione è fissa, non dipende dall’Isee della famiglia, ma solo dalla gravità della condizione di disabilità. Nel caso di figli maggiorenni ma non ancora 21enni la maggiorazione è e resta pari ad 80 euro indipendentemente dalla gravità della disabilità. Va peggio nel caso di figli che hanno già compiuto 21 anni, perché è previsto un assegno unico senza maggiorazioni che varia, in base all’Isee, da un massimo di 85 a un minimo di 25 euro mensili. Perché questa diversa disciplina? Che senso ha far prevalere il criterio della gravità su quello dell’età in un caso e fare l’opposto in un altro? Che senso ha fare considerazioni anagrafiche su persone non autosufficienti?

La famiglia di Stefania si trova nella seconda situazione: sua sorella non è autosufficiente, ha 57 anni, vive con la loro mamma, vedova, che la segue, la assiste, le fa da caregiver. Per effetto di quanto appena esposto l’assegno unico alla quale ha diritto questa madre "sarà – fa sapere Stefania – di un importo praticamente dimezzato rispetto a quanto le è sempre stato corrisposto attraverso l’ordinario assegno riconosciuto alle famiglie con figli disabili a carico". Da qui la rabbia di Stefania, nel 1999 tra le fondatrici, a Tirano, dell’associazione “Fiori di Sparta“ e ora nel gruppo delle “Famiglie Disabili Lombarde“. Da qui la domanda. Inevitabile, retorica e polemica: "Forse qualcuno pensa che una persona con una disabilità tale da non essere autosufficiente possa recuperare qualche abilità con il passare degli anni, con il crescere dell’età, e ridurre così il suo bisogno di assistenza?". "L’età che avanza – conclude Stefania – è un’aggravante sia per la persona con disabilità sia per il caregiver, figura non ancora riconosciuta dal Governo, purtroppo".

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