"Assegno invalidità solo a chi non lavora": associazioni dei disabili e Regione in rivolta

Finora l’Inps ha dato il sussidio da 287 euro anche agli invalidi con redditi da lavoro non superiori ai 4.931 euro annui. Adesso il taglio

Pasquale Tridico, presidente Inps

Pasquale Tridico, presidente Inps

Milano - L e associazioni della disabilità sono in rivolta contro il messaggio diramato dall’Inps il 14 ottobre, per l’esattezza il messaggio numero 3495, quello con il quale l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha modificato i requisiti in base ai quali si può beneficiare dell’assegno di invalidità. Fino ad oggi è prevalsa un’interpretazione estensiva delle norme che disciplinano questa materia: l’assegno è stato infatti riconosciuto alle persone con un’invalidità civile compresa tra il 74 e il 99% sia nel caso in cui non avessero alcun lavoro sia nel caso in cui fossero iscritti al collocamento mirato e svolgessero piccoli lavori che li impegnassero per poche ore alla settimana e gli garantissero un reddito non superiore ai 4.931 euro annui. Un reddito decisamente modesto. E altrettanto modesto è il corrispettivo dell’assegno di invalidità: 287 euro al mese. La possibilità di lavorare anche solo per poche ore alla settimana ha rappresentato per le persone con invalidità civile un modo per arrotondare l’assegno ma soprattutto una via per stare insieme agli altri e per dare un contributo alla comunità nella quale vivono, una via per rendere un po’ più concreto un principio che sembrava, ormai, trasversalmente condiviso: quello dell’inclusione sociale, da realizzarsi anche attraverso l’inserimento lavorativo.

E invece il messaggio numero 3495 dell’Inps va in un’altra direzione perché dispone che l’assegno di invalidità sia corrisposto solo agli invalidi civili che non lavorano. Tutti gli altri devono rinunciarvi, anche se hanno lavori che gli assicurano un reddito inferiore ai già citati 4.931 euro annui. Dalla parte dell’Inps c’è un recente pronunciamento della Corte di Cassazione. Proprio per questo, ora, le associazioni della disabilità chiedono a gran voce un intervento del Governo e del Parlamento. Una richiesta sottoscritta anche dalla Regione Lombardia e in particolare da Alessandra Locatelli, assessore regionale a Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità.

«Ancora una volta si gettano nello sconforto le persone con disabilità e le loro famiglie, che sono state tra le più colpite in questi due anni di pandemia": questa la nota diffusa da Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (Fish), il sodalizio più rappresentativo della disabilità insieme alla Fand-Anmic, a proposito del messaggio dell’Inps. Un messaggio che, prosegue Falabella, fa propria "un’interpretazione del tutto restrittiva delle norme, che sta creando grande preoccupazione a migliaia di persone con disabilità e alle loro famiglie. Serve un intervento immediato sulla stessa Legge 118 che cinquant’anni fa fissò i gradi di invalidità e le relative provvidenze, una norma che è alla base dell’attuale interpretazione fornita dall’INPS". Secondo lo Sportello legale dell’Osservatorio sulle Malattie Rare (Omar) "la precisazione dell’Inps non tiene assolutamente conto che lo svolgimento di un’attività lavorativa, seppur minima, per una persona invalida, rappresenta un modo per socializzare più che una moda lità di sostentamento e che ora, probabilmente, in molti sceglieranno la via dell’isolamento a discapito di quella dell’inclusione, onde evitare di perdere quel minimo di aiuto qual è l’assegno mensile di invalidità".

Quindi ecco il coordinamento Colmare: "Mettere in atto un provvedimento che porterà ad un misero risparmio si configura come una azione inqualificabile. I malati rari spesso utilizzano i 287,09 euro mensili dell’assegno di invalidità per l’acquisto di medicinali non erogati dal Servizio Sanitario Nazionale o per pagare visite private ed esami strumentali urgenti a causa di tempi d’attesa di mesi se non di anni nelle strutture pubbliche". Dalla Regione Lombardia è l’assessore Locatelli a farsi sentire: "Apprendo con estrema preoccupazione quanto divulgato dall’Inps riguardo al restringimento degli assegni di invalidità. E condivido il disappunto espresso da numerose associazioni che rappresentano le persone con disabilità. Stando alle notizie finora note molti lavoratori con disabilità si troverebbero di fronte a una scelta assurda, ovvero rinunciare al lavoro o rinunciare alla provvidenza. Si tratta di migliaia di persone che, ora più che mai, vista la grave crisi sociale che stiamo attraversando, non possono essere lasciate sole e private di questo contributo".

Qualcosa ha iniziato a muoversi: Erika Stefani, ministro alla Disabilità ha infatti ricevuto i vettici di Fish e Fand-Anmic e giovedì sera ha fatto sapere di aver a sua volta contattato Andrea Orlando, ministro al Lavoro e alle Politiche sociali: "A fronte delle legittime preoccupazioni suscitate dal messaggio Inps in merito al requisito dell’inattività lavorativa per la liquidazione dell’assegno mensile di invalidità civile, mi sono attivata con il ministro Orlando e l’Istituto affinchè si trovasse una strada per superare l’ingiustizia normativa. Ho registrato una positiva apertura che mi rende fiduciosa rispetto a una rapida soluzione. La possibilità per le persone con disabilità di realizzarsi attraverso il lavoro è elemento essenziale ai fini dell’inclusione e va quindi facilitato, non scoraggiato".

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