Arrestato Cesare Battisti, il fratello di Andrea Campagna: "Paghi fino in fondo"

Il fratello dell'agente digos ucciso: "Spero che resti in carcere per 30 anni"

Cesare Battisti (Ansa)

Cesare Battisti (Ansa)

Milano, 14 gennaio 2019 - Andrea Campagna fu assassinato il 19 aprile 1979 in via Modica, al quartiere Barona. Per inchieste e sentenze, fu Cesare Battisti l’esecutore materiale dell’omicidio dell’agente della Digos che oggi è ricordato a Milano con un parco a lui intitolato nei pressi del luogo in cui venne ucciso. Nel giorno della cattura dell’ex membro dei Proletari armati per il comunismo, il fratello Maurizio afferma: «Credo che stavolta sia davvero finita, anche se sarò certo soltanto quando lo vedrò varcare le porte del carcere: spero che ci resti per 30 anni. In questo momento, provo un senso di liberazione, dopo tanta attesa».

«Solo quando vedrò le ruote dell’aereo toccare terra e lui scendere dalla scaletta con le manette ai polsi, dirò con certezza che questa storia è finita». Maurizio Campagna accoglie così la notizia della cattura in Bolivia di Cesare Battisti, membro dei Proletari armati per il comunismo condannato come esecutore materiale dell’omicidio di suo fratello Andrea, agente della Digos di Milano ucciso il 19 aprile 1979 in un agguato alla Barona.

È una bella giornata?

«Sì, è una bella giornata, anche se in tante occasioni mi sono illuso che fosse la volta buona: stavolta voglio essere pessimista, spero di essere presto smentito dai fatti. Battisti è andato in Bolivia non a caso, ma penso che questa sia davvero la fine di una storia andata avanti troppo a lungo: forse anche lui si è stufato di fare questa vita».

Qual è stato il primo sentimento che ha provato quando ha appreso dell’arresto?

«Un senso di liberazione, direi. Dopo tutti questi anni poi. Ripeto, però: soltanto quando lo vedrò entrare a Rebibbia, sarò finalmente soddisfatto».

Suo fratello Andrea era un agente della Digos di Milano. E nell’indagine che ha portato alla cattura di Battisti sono stati proprio gli investigatori della Digos di via Fatebenefratelli a fornire un contributo decisivo per il buon esito dell’operazione: che effetto le fa?

«Sono molto contento del risultato che sono riusciti a raggiungere e li ringrazio per questo. Così come li ringrazio perché ogni volta che vado in Questura mi fanno sentire parte di una famiglia: nel 2015 hanno anche dedicato una sala riunioni alla memoria di Andrea. Mio fratello ha lasciato un ottimo ricordo tra gli agenti con cui ha lavorato, che poi lo hanno tramandato anche ai colleghi che non hanno avuto modo di conoscerlo: era un ragazzo serio e disponibile con tutti».

In questi anni, alcuni familiari di vittime degli anni di piombo hanno accettato di incontrare ex membri delle organizzazioni terroristiche: lei sarebbe disponibile a incontrare Battisti?

«Innanzitutto, voglio precisare una cosa: non esistono ex terroristi, così come purtroppo non esistono ex vittime. Per me, Battisti era e resta un terrorista. Detto questo, non ho alcuna intenzione di incontrarlo, anche perché credo che quasi sempre questi incontri vengano sfruttati dai terroristi soltanto per accedere ai benefici di legge. Una cosa, però, gliela chiederei se me lo trovassi per caso davanti».

Cioè?

«Gli domanderei: “Se alla fine foste riusciti a portare a termine il vostro piano criminale, cosa avreste fatto? Ci avreste fatti vivere in un regime totalitario tipo la Cambogia? Un regime dove ammazzi la gente per strada solo perché indossa la divisa da poliziotto o da carabiniere?”. Per fortuna, rispondo io, sono stati sconfitti, e oggi possiamo vivere liberamente».

Secondo il Governo, nelle prossime ore Battisti sarà in Italia per scontare la sua pena.

«Spero che si faccia 30 anni di carcere e che non esca più. Ho sentito anch’io che gli esponenti del Governo, a cominciare dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, si dicono certi dell’immediata estradizione in Italia: per tanti anni ho atteso questo momento, adesso ci siamo».

 

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