Arese, condannato a 27 anni il manager messicano che uccise la moglie

L'uomo, in preda a un raptus, cerco di ammazzare anche il figlio il 19 giugno del 2021: il pm aveva chiesto l’ergastolo e sei mesi di isolamento diurno

La casa dove si è verificato il delitto

La casa dove si è verificato il delitto

Milano - È stato condannato a 27 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato e tentato omicidio Jaime Moises Rodriguez Diaz, manager di 42 anni di origine messicana che, secondo le accuse, il 19 giugno del 2021 ad Arese, provincia di Milano, uccise la moglie di 48 anni, Silvia Susana Villegas Guzman, soffocandola, e tentò di ammazzare uno dei figli, 18enne. Lo ha deciso la Corte d’Assise di Milano (presidente Ilio Mannucci Pacini) che ha riconosciuto all’uomo le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante rimasta, ossia quella di aver ucciso la convivente (un’altra è stata cancellata).

Il pm Giovanni Tarzia aveva chiesto l’ergastolo e sei mesi di isolamento diurno. La Corte ha anche disposto 5 anni di libertà vigilata per l’imputato a pena espiata e riconosciuto provvisionali di risarcimento per i tre figli, assistiti dai legali Giorgio Conti e Silvia Belloni, tra 100mila e 200mila euro a testa. «Ha dato due giri alla cintura stretta attorno al collo del figlio - aveva spiegato il pm - subito dopo che con il braccio aveva soffocato la moglie». Il figlio, che era intervenuto per aiutare la madre, si era difeso «con unghie e morsi e il padre non è riuscito ad ucciderlo solo per l’intervento salvifico del fratello», ha detto ancora il pm, che aveva chiesto alla Corte di non concedere alcuna attenuante al 42enne.

Nelle indagini, condotte dai carabinieri di Rho, i tre figli della coppia avevano descritto il padre, difeso dall’avvocato Iacopo Viola, come «un uomo violento e pericoloso». Le violenze, hanno raccontato, erano iniziate all’epoca in cui la famiglia viveva in Messico (si era trasferita in Italia circa 7 mesi prima dell’omicidio). «Ha aggredito le fondamenta della sua famiglia e nutriva rancore anche verso il figlio», ha ricostruito il pm. Mentre l’imputato detenuto, con dichiarazioni spontanee in aula, ha sostenuto di non aver «assassinato» la donna. «Non l’ho soffocata, né strangolata», ha detto. 

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