Anziani truffati, le mani di Gomorra

Il nuovo business dei boss: 200mila euro a settimana. Centinaia di raggiri in tutta Italia e 37 arresti

I carabinieri organizzano incontri con gli anziani per informarli sui rischi delle truffe

I carabinieri organizzano incontri con gli anziani per informarli sui rischi delle truffe

Milano, 9 novembre 2019 - Da Udine a Palermo. Da Milano a Bologna. E poi Firenze, Roma, Padova, Como, Terni. E l’elenco potrebbe continuare. I truffatori di anziani hanno colpito ovunque, mettendo a segno tra 2015 e 2016 circa 190 raggiri tra consumati e tentati, con un business stimato di 200mila euro a settimana. I contanti rubati alle vittime servivano in parte per pagare telefonisti e operativi in parte per dare la ‘mesata’ agli emissari del clan camorristico Contini, articolazione dell’Alleanza di Secondigliano nei quartieri napoletani Vasto, Arenaccia, San Giovannello e Borgo Sant’Antonio Abate; oro e monili finivano sempre nella stessa gioielleria, ora sotto sequestro.

Ieri, a valle di una lunga indagine, i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, coordinati dal pm della Dda partenopea Giovanni Melillo, hanno tirato la rete: 37 persone sono state arrestate (13 in carcere e 24 ai domiciliari), altre 14 sono state sottoposte all’obbligo di presentazione alla pg; a una dozzina di loro è stata contestata l’aggravante mafiosa. L’inchiesta è scattata nell’autunno del 2015, quando i militari meneghini, guidati dal colonnello Michele Miulli, hanno capito che gli imbrogli seriali ai danni di over 80 avevano la stessa regia o comunque erano messi in atto da batterie collegate tra loro e con base in Campania. Così, partendo da un controllo di un hotel in provincia di Milano, gli investigatori sono risaliti al primo manipolo di malviventi, quello dei fratelli Ivan e Luciano Urzini. Il secondo, in particolare, conversando con la titolare dell’albergo, ha ricostruito (intercettato) il modus operandi: «La faccio tragica la cosa! Gli metto subito paura. Gli dico, senti guarda che tuo figlio ha avuto un incidente...». E ancora: «Se non ci sbrighiamo c’è l’arresto immediato... Bisogna pagare due multe da 3mila euro... Poi vengo a casa e parliamo di persona...». Insomma, la risata con l’interlocutrice, «questo è lo sketch».

Da lì gli inquirenti sono pian piano risaliti ai componenti delle altre bande. A cominciare da quella ‘spagnola’, guidata da Roberto Esposito, ‘riparato’ a Barcellona per dribblare un ordine di carcerazione, e dal complice Luigi Murolo: erano loro a contattare gli anziani dalla Catalogna spacciandosi come «avvocato Molinari» e a dare indicazioni a chi doveva andare a casa a ritirare soldi e preziosi; con quel denaro, lo testimoniano le foto sui social, giravano la penisola iberica e le sue isole («Formentera, arriviamo» il post dell’agosto 2016 prima di salpare per le Baleari). L’indagine ha accertato pure la presenza di un livello superiore, che sovrintendeva le attività criminali di tutte le batterie individuate, e individuato il quartier generale: il Club Napoli di piazza Santa Maria della Fede, un circolo ricreativo gestito da Emilia Peluso, la madre di Espedito Diana, l’uomo che si occupava della cassa e teneva i contatti con Tommaso Cristiano, figlio di Tonino, pezzo da novanta dei Contini. Ogni volta che qualcuno veniva arrestato, il resto dell’organizzazione si preoccupava. Ma non troppo: «Comunque un po’ di carne me la sono mangiata», il commento fatalista di Enzo Grivano.  

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