Ovuli rapinati, per i giudici Antinori è "spregiudicato e violento"

Le motivazioni della sentenza di condana a 7 anni e 2 mesi del ginecologo

Severino Antinori

Severino Antinori

Milano, 8 giugno 2018 - Severino Antinori è un «soggetto» incline «alla violenza fisica e psicologica», che ha agito con «spregiudicatezza professionale» e che nel corso del processo si è lasciato andare ad «invettive veementi», ad «attacchi anche personali al pubblico ministero» definendo «talebano» il suo «operato» e ha «insultato più volte» la vittima con epiteti come «p...... araba» e «p...... di strada».

Lo scrivono i giudici dell'ottava sezione penale di Milano nelle dure motivazioni, da poco depositate, della sentenza con cui a febbraio hanno condannato, assieme ad altri imputati, il ginecologo a 7 anni e 2 mesi di carcere per un presunto prelievo forzato di otto ovuli ai danni di una giovane infermiera spagnola, avvenuto nell'aprile 2016. Nelle motivazioni, i giudici (presidente Luisa Ponti) chiariscono perché hanno confermato l'accusa principale, contestata dai pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, di rapina aggravata degli ovociti, «parte del corpo sottratta con la violenza» alla donna, assistita dal legale Roberta De Leo. Per questa vicenda il discusso pioniere della fecondazione assistita era finito agli arresti domiciliari e i pm hanno anche chiesto e ottenuto il sequestro della sua clinica milanese, la Matris. I giudici, inoltre, hanno anche disposto per lui l'interdizione dalla professione medica per 5 anni e mezzo, pena che scatterà solo in caso di conferma con una sentenza definitiva. Condannati anche altri tre imputati: la segretaria Bruna Balduzzi e l'anestesista Antonino Marcianò a 5 anni e 2 mesi e a 2 anni Gianni Carabetta, coimputato di Antinori per una presunta tentata estorsione per minacce ad una coppia di clienti della clinica al fine di ottenere il pagamento di oltre 25mila euro per avere un figlio con la fecondazione assistita. Assolta, invece, un'altra dipendente della clinica.

L'infermiera spagnola di 23 anni aveva raccontato nella sua denuncia di essere stata immobilizzata, sedata e poi costretta a subire l'intervento. Nelle 129 pagine di motivazioni i giudici spiegano perché hanno deciso di riconoscere il reato di rapina per quel prelievo forzato di ovociti. Prelievo che il Riesame e la Cassazione avevano riqualificato in violenza privata. La «violenza», scrivono, «è stata inferta su una persona» e non «su una cosa immobile», ma «il significato materiale, sociale e giuridico della condotta è assolutamente quello di una 'mobilizzazionè di un qualcosa che 'mobilè non era» e che poi ha «guadagnato, non a caso, una propria valenza patrimoniale». Quegli ovociti, infatti, erano pronti per essere impiantati su altre donne. È stata messa in atto, concludono i giudici, una «violenta asportazione degli ovociti» che ha creato un «allarme sociale elevato». Antinori, tra l'altro, è anche imputato in un altro procedimento per un presunto traffico di ovociti. Tuttavia, in un filone nato su denuncia di Antinori i pm, su ordine del gip, hanno dovuto chiedere il processo per l'infermiera per calunnia ai danni del ginecologo e proprio per quelle dichiarazioni che nell'altro processo hanno portato alla condanna del medico.

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