Amianto a Turbigo, vittoria a metà

Si rifarà in sede civile l’Appello-bis per le morti di due operai Enel

La centrale di Turbigo

La centrale di Turbigo

Turbigo (Milano), 17 maggio 2018 - Morti d’amianto, una crepa nel muro delle assoluzioni. La Cassazione ha annullato - ma solo per gli aspetti civilistici - la sentenza d’appello che un anno fa aveva mandato assolti i vertici della Centrale ex Enel di Turbigo, imputati di omicidio colposo per gli operai morti di mesotelioma pleurico, male tipico delle polveri nocive. «È una sentenza storica e unica nel suo genere - esulta l’avvocato delle parti civili Laura Mara - che arriva dopo interminabili anni di atti giudiziari e battaglie. Finalmente si rende dignità e giustizia ai lavoratori uccisi dall’ amianto respirato per anni in azienda, in assenza di adeguate misure di tutela e sicurezza».

Una vittoria dimezzata, in realtà. Se è vero, infatti, che finora tutti (salvo uno) i processi milanesi per i morti d’amianto nelle grandi fabbriche si erano conclusi con assoluzioni - e che dunque il verdetto romano apre uno spiraglio - è anche vero, però, che il processo d’appello-bis riguarderà solo gli eventuali risarcimenti in sede civile. Il capitolo delle responsabilità penali per l’Enel di Turbigo del resto era già chiuso, perché dopo le assoluzioni del giudizio d’appello, la Procura generale non aveva presentato ricorso alla Suprema Corte. «Se l’avesse fatto com’era sempre avvenuto finora per questo genere di processi - lamenta l’avvocato Mara - la sentenza sarebbe stata annullata anche in sede penale». «Meglio aspettare il deposito delle motivazioni della Cassazione - è più prudente il pm Maurizio Ascione, che aveva sostenuto senza successo l’accusa in primo grado - però è vero che il ricorso delle parti civili che è stato accolto verteva proprio sul nesso causale tra l’esposizione all’amianto e l’insorgere della malattia». Si farà un nuovo processo d’appello dunque, anche se soltanto in sede civile. I giudici hanno annullato la sentenza per due imputati - Paolo Beduschi e Alberto Negroni, dirigenti d’azienda - e per il responsabile civile Enel, in relazione agli omicidi colposi dei lavoratori Giancarlo Marcoli, Rosolino Orlandelli e Oscar Misin, tutti deceduti per mesotelioma pleurico, provocato dall’ amianto respirato in azienda.

Nella sua requisitoria in Appello il sostituto pg Gemma Gualdi aveva chiesto 5 anni e mezzo di reclusione per Negroni, prima direttore di compartimento e poi tra l’84 e il ’92 direttore generale di Enel, e 4 anni per Beduschi, capo della centrale di Turbigo tra l’84 e il ’90. «I morti ringraziano», aveva commentato amara dopo le assoluzioni Chiara Misin figlia di Oscar, operaio addetto agli impianti termici morto nel 2012. Quella sull’ex Enel di Turbigo era la terza vicenda processuale milanese legata all’amianto approdata in Cassazione: in precedenza, anche per gli imputati del “Pirelli 1” come per quelli della Franco Tosi-Ansaldo di Legnano le assoluzioni in sede penale erano divenute definitive. Ma intanto, nell’attesa di capire se davvero si è aperto uno spazio processuale per l’accusa, gli altri dibattimenti già avviati continuano. Davanti alla Corte d’appello milanese sono due quelli attualmente in discussione, entrambi a seguito di assoluzoni in primo grado: quello morti d’amianto all’ Alfa Romeo di Arese (sentenza dopo l’estate) e quello per gli operai della ex Breda-Ansaldo. Tutti assolti dal tribunale anche gli imputati del “Pirelli 2”, ma qui il secondo grado non può essere fissato perché dopo quasi un anno e mezzo non sono ancora state depositate le motivazioni del primo processo. Quanto ai processi in tribunale, il pm Ascione ha già chiesto condanne per i morti d’amianto all’Atm (sentenza entro luglio) mentre il dibattimento sulle polveri nocive al Teatro alla Scala è ancora in fase istruttoria.

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