Milano, la battaglia di un figlio: "Mio padre, uno scheletro. L’amianto lo ha divorato"

Davide Fabretti: "In tribunale per lui, esposto al pericolo per 35 anni"

Davide Fabretti in una delle ultime foto con il padre

Davide Fabretti in una delle ultime foto con il padre

Milano, 31 dicembre 2019 -  Davide Fabretti torna con la memoria al 5 giugno 2012 quando il padre, in fin di vita, ricevette la visita in ospedale del pm Maurizio Ascione, titolare delle principali inchieste milanesi sulle morti provocate da esposizione all’amianto. "Il magistrato raccolse la sua testimonianza - racconta - furono le ultime parole di mio padre, Fabio, che poi entrò in coma e morì il 7 giugno". Davide sta portando avanti una battaglia per ottenere giustizia, che si scontra anche con burocrazia e tempi lunghi.

Per quanto tempo suo padre è rimasto esposto all’amianto? "In tutto per 35 anni, come ha stabilito una sentenza del 2018 con cui la Corte d’appello di Milano ci ha dato ragione nel ricorso per ottenere da Inps e Inail il pieno riconoscimento della malattia professionale. Mio padre ha lavorato alla base militare di Cordovado, in Friuli-Venezia Giulia, dove era operatore missilistico. Poi ha trascorso la maggior parte della sua vita professionale alla raffineria di Sannazzaro de’ Burgondi. Era addetto alle centraline elettriche e ogni giorno maneggiava cavi e tubi pieni di amianto".

Quando si è ammalato di mesotelioma? "Era andato da pochi anni in pensione, si stava godendo la vita. Nel 2012 i medici dell’Humanitas diagnosticarono 18 mesi di vita, e furono 18 mesi esatti, segnati da atroci sofferenze. Mio padre ha perso 35 chili, era ridotto a uno scheletro. Io pregavo perché morisse in fretta e smettesse di soffrire. Quando è morto, all’età di 67 anni, ho deciso di impegnarmi e iniziare una battaglia per avere giustizia".

In che modo? "Ho incontrato persone che sono rimaste esposte per anni nella centrale Eni, dove le bonifiche sono partite in ritardo, cercando di fare fronte comune e offrire loro assistenza. Mi sono mosso nelle aule giudiziarie. A Pavia è in corso una causa civile contro l’Aeronautica, per l’esposizione nella base missilistica finita anche al centro di un’inchiesta della Procura militare di Padova. Nel giro di qualche mese dovrebbe arrivare la sentenza di primo grado a Pavia. I tempi sono lunghi e finora non abbiamo ricevuto alcun risarcimento. Bisogna tenere alta l’attenzione, anche perché nei prossimi anni è previsto un picco di casi di una malattia che ha un periodo di latenza molto lungo".  

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