L'imprenditore difende il boss: "Alfonso Pio usuraio? Con le banche stessi tassi"

L’imprenditore che aveva ricevuto il prestito difende il parente degli ex boss della ’ndrangheta: mi ha aiutato quando ero in crisi

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di Stefania Totaro

"Duemila euro tra spese e interessi su un prestito da diecimila euro non la considero una cifra da usura, con le finanziarie si spende uguale". Luca B., imprenditore di 58 anni titolare di una piccola ditta di trasporto e montaggio a Giussano, parla in aula nel corso del processo a Monza a carico di Alfonso Pio, parente degli ex boss della Locale di ‘ndrangheta di Desio. E, presunta vittima, difende l’uomo che gli avrebbe prestato denaro a tassi di usura definendolo "un amico" di vecchia data. Alfonso Pio è imputato di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso e usura in un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano che lo scorso giugno ha portato a quattro arresti e al sequestro di quote societarie di un resort in Liguria che, secondo l’accusa, era dal 2018 sotto il suo controllo, anche grazie alla complicità di un professionista nel settore dell´intermediazione finanziaria per mettere le mani su realtà imprenditoriali in crisi, mediante iniezione di capitali "freschi" e utilizzo, dove necessario, di metodi intimidatori per ottenere il controllo. Alfonso Pio, 52 anni, di Seregno, è nipote di Domenico Pio e fratello di Candeloro Pio, i boss della Locale di ‘ndrangheta di Desio arrestati e condannati nella maxi inchiesta Infinito del 2010. Ma lui non ha mai ricevuto una condanna per associazione mafiosa e nell’ultimo processo a Monza è stato assolto anche dall’accusa di estorsione. Il 52enne ora è imputato a Milano per la vicenda dell’hotel ligure, mentre a Monza deve rispondere di usura. Una contestazione negata non solo da lui ma anche dalla parte offesa, cioè l’imprenditore ascoltato in aula, che non si è costituito parte civile. "Alfonso Pio lo conosco dagli anni Novanta e lo reputo un amico - ha dichiarato Luca B. davanti ai giudici - Quando ho avuto bisogno, mi ha fatto anche letteralmente la spesa. Non so di preciso di che attività si occupa, so che ha un cognome di quelli che non gli si va a dare fastidio, ma ha una bella cerchia di conoscenze, gira sempre con belle macchine e a me ha fatto fare tanti lavori, ma niente di illecito. Come quando aveva un giro di mascherine da vendere durante il lockdown". E poi arriva al prestito considerato usurario.

"Dal 2015 ero messo male con gli introiti perché avevo avuto degli insoluti oltre ai pagamenti sempre posticipati e avevo problemi di liquidità - ha continuato il piccolo imprenditore -. Nel 2018 avevo bisogno di un prestito ma la banca mi ha detto di no. Allora ho chiesto ad Alfonso se poteva aiutarmi e mi ha prestato 10mila euro in contanti. In cambio gli ho consegnato due assegni da 5mila euro e un altro in bianco per interessi e spese che non era riuscito a quantificarmi. Un gesto magari stupido ma di grande fiducia verso chi mi ha lanciato una ciambella nell’oceano. Mi ha risolto un problema, non ho mai ricevuto alcuna minaccia o intimidazione da lui, ho perso più soldi per non fare un lavoro per venire qui a testimoniare al processo". L’assegno in bianco è stato compilato con la somma di 2mila euro e incassato. "Credo in Francia, perché lui ha delle attività anche lì, ha contatti di lavoro anche con il casinò di Montecarlo e ha una casa in affitto in Costa Azzurra". In relazione a questa ultima circostanza gli inquirenti hanno trovato tracce di un bonifico di 4mila euro fatto dall’imprenditore per pagare l’affitto di una casa ad Antibes. "L’ho fatto io perchè lui non aveva una banca a cui appoggiarsi", la giustificazione del 58enne.

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