Alessandra Appiano, arriva la svolta: a processo la psichiatra che la curava

Milano, il tragico gesto della scrittrice uscita dalla clinica in cui si era ricoverata. In aula il 31 maggio

Alessandra Appiano, morta a 59 anni

Alessandra Appiano, morta a 59 anni

Milano - Il medico psichiatra della clinica "San Raffaele-Villa Turro" che aveva in cura, per una forte depressione, la giornalista Alessandra Appiano, andrà a processo con rito abbreviato il 31 maggio. Nei giorni scorsi i legali della dottoressa indagata, in vista dell’udienza, hanno depositato una complessa perizia che illustra la valutazione fatta dalla loro assistita sugli "indicatori del suicidio", cioè gli elementi che è necessario analizzare per capire quali siano i segnali d’allarme esistenti e i rischi reali, in base a specifici studi, di un gesto estremo.

La bella scrittrice e opinionista tv, di 59 anni, si tolse la vita nel giugno del 2018, gettandosi dall’ottavo piano di un hotel di lusso, in zona Turro. A febbraio dello scorso anno era stata resa nota dalla procura la notizia che la morte della donna non sarebbe stata archiviata, così come chiesto in un primo momento dal pm che aveva in carico il fascicolo. Da subito era parso necessario un approfondimento su alcuni aspetti legati alla morte della scrittrice. La patologia di cui soffriva la Appiano era stata diagnosticata con lo scrupolo necessario o c’erano state delle leggerezze? Qualcuno aveva un obbligo di sorvegliarla all’interno dell’ospedale in cui era ricoverata, proprio per evitare che commettesse gesti estremi? Il pm di turno il giorno della morte della Appiano aprì un fascicolo a modello 45 per suicidio, cioè un fascicolo senza ipotesi di reato, né indagati per procedere con accertamenti più approfonditi.

Il giudice Patrizia Nobile rigettò la prima richiesta di archiviazione, accogliendo l’istanza del marito della Appiano, Nanni Delbecchi, che si basava soprattutto sulla mancata "protezione" della moglie, da parte della struttura medica che la ospitava. La donna, scrittrice di successo, vincitrice del premio Bancarella nel 2003, impegnata nel sociale, nei temi che riguardavano le donne e volto noto in tv, era ricoverata nel reparto Psichiatria-Disturbi dell’umore di "Villa Turro", nella prima periferia della città. Il giorno in cui si suicidò, con la scusa di un permesso per un caffè in un bar, uscì indisturbata dalla struttura. Poco prima aveva scritto un messaggio al marito dicendo che lo attendeva per le 12. In realtà la Appiano uscì da villa Turro, attraversò la strada, entrò nell’hotel che dista qualche centinaio di metri, salì all’ultimo piano nella terrazza-bar e da lì si lanciò nel vuoto.

Una tragedia troppo dolorosa da accettare per il marito. Al momento in cui lui la raggiunse, lei era già morta. Era, per la precisione, il 3 giugno del 2018. Da allora è iniziata la battaglia legale del’uomo, perché venga riconosciuta la responsabilità della struttura in termini di carenza di protezione e "negligenza", secondo l’espressione usata dall’avvocato Lucilla Tassi, che assiste Delbecchi, nell’omissione di controllo. Nell’udienza del 31 maggio si chiariranno le responsabilità nei termini di un omesso controllo. C’erano i “campanelli d’allarme“ che dovevano segnalare un pericolo, oppure no, come presumibilmente indica la difesa nella perizia deposita ta? Poteva quindi la paziente essere “costretta“ a restare in ospedale? Oppure per il tipo di patologia che le era stata diagnosticata, un disturbo depressivo, aveva la libertà di uscire dall’istituto?

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