Alda Merini, la poesia ritrovata dedicata al presidente dell'Istituto dei ciechi

Rodolfo Masto, svela il testo che la poetessa dei Navigli compose per lui durante il ricovero in ospedale

Alda Merini e Rodolfo Masto

Alda Merini e Rodolfo Masto

Milano - "La colpì la mia condizione di ipovedente. E lei, che poteva scrutarmi, in me ha guardato oltre. Finché un giorno dettò al medico, al primario che era nella camera, una poesia. Aveva tradotto in versi il suo sentire. Una poesia per me. Un onore". Rodolfo Masto, presidente dell’Istituto dei ciechi di Milano, rende pubblico a quasi 19 anni di distanza un testo che Alda Merini, la grande poetessa dei Navigli, tra le maggiori voci del Novecento, scomparsa il 1° novembre del 2009 all’età di 78 anni, scrisse per lui ad aprile del 2004 quando era ricoverata all’Istituto Redaelli di Milano.

"Era lì per un periodo di riabilitazione. Ci incontrammo perché io allora ero presidente dell’Azienda servizi alla persona Golgi-Redaelli", spiega Masto, che ora ha deciso di pubblicare su Facebook la poesia inedita, parole pronunciate dalla Merini quel giorno di primavera, in seguito battute al computer e da lei autografate, affiancate da una dedica scritta di suo pugno. Versi che per quasi due decenni Masto ha tenuto per sé come una gioia intima. Ma ora "è giunto il tempo di farveli conoscere", dice. Un regalo al mondo, sperando che sia di buon auspicio per l’anno che verrà.

"Chinato sopra la terra senza ragioni e risorse tu fine cultore trovi che l’onda buona è sempre nel tuo cuore. E scavalchi le pietre grondando con il tuo sudore di uomo nel gesto di un cristianesimo che non avrà confronti. Ma ricorda che le ombre a volte sono come la luce e fanno più male al cuore di tanti oscuri segreti".

"Con le parole voleva farmi vedere il suo sentire e non farmi sentire diverso. Lei che diversa si era sentita eccome". Colei che ha sempre cantato gli ultimi, gli esclusi, e che ha vissuto la malattia mentale, affetta da turbe psichiche che ne hanno segnato la vita e le opere. Masto ricorda con affetto le settimane della sua riabilitazione in ospedale. "Una persona particolare. Non poteva fare a meno di fumare". Ancora, "di lei mi colpiva soprattutto il continuo cambiamento di umore: passava da uno stato d’animo all’altro in maniera improvvisa. Impercettibile".

E anche quella poesia è arrivata in un istante, inattesa. "Nella stanza c’eravamo sia io e sia il primario. Lei disse al medico di scrivere ciò che avrebbe detto: una poesia per me. L’ispirazione doveva esserle venuta in quel momento ma chissà da quanto tempo ci pensava. Mi aveva visto da tempo, l’aveva colpita la mia condizione di ipovedente: la scintilla. Io non immaginavo mi vedesse così, con un’onda buona sempre nel cuore. E la sua esortazione io non la dimentico: 'Ricorda che le ombre a volte sono come la luce e fanno più male al cuore di tanti oscuri segreti'".

 

 

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