Alcoltest, protocollo Procura-vigili

Dopo le polemiche sulla direttiva Greco. Il Sulpm: in campo i nostri esperti

La pagina de Il Giorno che ha sollevato il caso

La pagina de Il Giorno che ha sollevato il caso

Milano, 3 luglio 2019 - Nessuno stop agli alcol test per chi guida l’auto in stato di ebbrezza. L’allarme del sindacato della polizia locale Sulpm era seguito alla circolare firmata lo scorso 12 giugno dal procuratore capo Francesco Greco, a cominciare dal punto 1 della direttiva: «Richiedere le analisi del sangue – si legge nel testo – unicamente allorquando l’intervento della polizia locale sul posto sia pressoché contestuale al sinistro e avvenga prima del trasporto del conducente in ospedale per cure mediche».

Presa alla lettera, soprattutto negli incidenti più gravi, vorrebbe dire quasi mai. Un paradosso. «La circolare era generica – dicono in Procura – ma presto verrà sottoscritto un protocollo con la polizia locale dove le modalità operative saranno specificate e precisate». Il riferimento, par di capire, non era in ogni caso agli incidenti più gravi, dove le analisi del sangue vanno fatte, naturalmente. L’indicazione riguarderebbe anche situazioni meno importanti, anche i controlli a tappeto del sabato sera: l’esigenza è che le analisi siano il più possibile rapide, perché in caso contrario c’è il rischio che non possa essere accertato compiutamente il reato. Diverso discorso, invece, per l’altro test preso in considerazione dalla circolare del procuratore Greco, quello sull’eventuale presenza di stupefacenti nel sangue del guidatore. Va richiesto «unicamente allorquando la polizia locale abbia potuto attestare lo stato di alterazione del soggetto coinvolto», indica la direttiva. Un’indicazione necessaria, perché la giurisprudenza ha ritenuto in più casi che le tracce di droga nel sangue non bastano perché ci sia il reato: potrebbe trattarsi di un guidatore che fa uso abituale di sostanze ma che in quel momento era abbastanza lucido per mettersi al volante. Otto casi su dieci finiscono per essere archiviati proprio perché manca un testimone, anche lo stesso agente di polizia locale, che possa confermare che il guidatore aveva, al momento dell’intervento, le pupille dilatate o che proferiva discorsi strani; tutti elementi decisivi per cristallizzare «lo stato di alterazione psico-fisica» valorizzato da alcune sentenze della Cassazione come fondamentale per contestare la condotta punita dall’articolo 187 del Codice della strada, cioè la guida sotto effetto di stupefacenti.

Qui, poi, vale anche il discorso del risparmio in termini economici. Quando il test è negativo e perciò nessun fascicolo di indagine viene aperto, dopo un po’ la Procura riceve la fattura con il costo dell’esame. È una prassi in uso a Milano, ma non in tutti i distretti giudiziari. In base a una convenzione del 2012 con Regione Lombardia, ogni test antidroga costa 200 euro. E anche se l’esame dà esito positivo, lo paga la Procura (per centinaia di casi all’anno) nell’evenienza in cui l’indagine si concluda con un’archiviazione. «Siamo soddisfatti del chiarimento e siamo pronti anche a dare un contributo con i nostri esperti – fa sapere il segretario del Sulpm Daniele Vincini, che per primo ha segnalato sul Giorno le difficoltà interpretative della circolare e le possibili difficoltà legate alla sua applicazione –. Gli obiettivi fondamentali del nostro lavoro non cambiano: ridurre il numero degli incidenti stradali e colpire con durezza coloro che si mettono alla guida sotto effetto di alcol o droga».

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