Agguato a Buccinasco, esecuzione stile narcos: in tasca anche un telefono criptato

L’ex "figura di vertice" ai domiciliari non era uscita dal giro. Ma non aveva più soldi

Paolo Salvaggio ucciso a Buccinasco

Paolo Salvaggio ucciso a Buccinasco

Buccinasco (Milano), 13 orttobre 2021 - Paolo Salvaggio, nelle vecchie carte processuali, veniva descritto come una "figura di vertice" nell’ambito dello spaccio di droga, con un curriculum criminale che in gioventù gli aveva fatto guadagnare il soprannome di “Dum Dum“, pallottola progettata per espandersi all’interno del corpo dell’avversario. L’uomo, agli arresti domiciliari e con il permesso per uscire di casa dalle 10 alle 12, affetto da una gravissima malattia ai polmoni, pur conducendo una vita all’apparenza tranquilla girava con tre telefoni cellulari, fra cui un iPhone criptato. Un sistema usato da pusher e narcotrafficanti per sfuggire ai controlli. Per questo le indagini si orientano anche sull’ambiente dello spaccio, dopo l’esecuzione di lunedì mattina a Buccinasco, alle porte di Milano.

Un omicidio eclatante, in mezzo alla strada e con modalità da professionisti, come per recapitare un messaggio a qualcuno. I carabinieri del Nucleo investigativo di Milano coordinati dalla Procura (in campo il pm della Direzione distrettuale antimafia Gianluca Prisco e il pm di turno Carlo Scalas) stanno battendo diverse piste: soldi, droga, vecchi rancori e nuovi sgarri, senza lasciare nulla di inesplorato. Le luci sono accese sul passato torbido e sui giorni prima della morte di Paolo Salvaggio, 60 anni. A chi può aver pestato i piedi o procurato un danno, tanto da meritarsi di essere giustiziato alla luce del sole, a pochi metri dalla scuola.

Le indagini iniziano da alcune certezze: chi ha sparato con la semiautomatica è un killer professionista, lucido esecutore. Le immagini delle telecamere sparse per il comune immortalano il T-Max nero che entra in via della Costituzione. Poi, secondo la ricostruzione, si ferma dietro a Salvaggio in bici e, dopo gli spari, torna indietro in direzione Milano. Altra certezza: tre i telefoni trovati addosso alla vittima, di cui un iPhone criptato che i militari stanno cercando di forzare per accedere ai dati che voleva tenere segreti.

Come fanno gli spacciatori: forse la vittima non si era allontanata da quei giri di traffici di droga, dalle connessioni mafiose con le ‘ndrine locali (i Barbaro e i Papalia). Anche questioni di soldi, tra le ipotesi del movente: la famiglia di Salvaggio non sguazzava più nell’oro. Passati i tempi dei 10 milioni di euro al mese cash mossi di droga. Almeno all’apparenza, c’erano problemi economici. Si esplorano dettagli: Salvaggio, in anni di esperienza criminale e di galera, non ha mai tradito i sodali, diversamente dai suoi soci. E se avesse deciso proprio ora, in punto di morte, appesantito da una malattia terminale, di iniziare a parlare? Con un’esecuzione si mette a tacere il rischio. Ma gli investigatori sul delitto di mafia, diversamente da quanto teorizzato dal sindaco Rino Pruiti che ha già convocato la commissione comunale antimafia, ci vanno cauti. Il fascicolo d’inchiesta è finito in ogni caso in mano all’Antimafia milanese, per scandagliare legami e connessioni.

Infine, c’è quella lite di venerdì scorso, in un bar in piazza San Biagio: Salvaggio era intervenuto a difendere il nipote 13enne che ave va rubato delle caramelle. Con il peso criminale del suo passato, si è presentato al bar dove il ragazzino era stato sgridato per minacciare di morte i proprietari cinesi. Una vicenda che potrebbe essere del tutto scollata dall’omicidio, commesso con modalità da professionisti, un agguato pianificato e messo in atto con freddezza. Ma i carabinieri di Milano confermano che tutto, anche questo particolare, è sotto la loro lente.  

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