Accoltellata in strada, sconto di pena al convivente: "Bevevo ed ero geloso"

Il femminicidio sulla Provinciale 40 a San Giuliano. L'aggressore: "Ero schiavo dell’alcol, il carcere mi ha cambiato"

Luljeta Heshta

Luljeta Heshta

di Andrea Gianni

Alfred Kipe, durante il processo di primo grado, era intervenuto in aula dichiarandosi "dispiaciuto" e sostenendo di non aver voluto uccidere la sua convivente, Luljeta Heshta, 47 anni: "Ero depresso, bevevo ed ero geloso". Ieri il 44enne, originario dell’Albania come la vittima, ha ottenuto uno sconto di pena nel processo d’appello. La condanna è stata ridotta a 21 anni di reclusione, rispetto ai 24 inflitti in primo grado. I giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano hanno riconosciuto infatti le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, scrivendo una nuova tappa processuale sul femminicidio avvenuto lungo la strada provinciale Binasco-Melegnano a San Giuliano Milanese, dove la donna si prostituiva anche per mantenere il compagno e la figlia rimasta in Albania, avuta da una precedente relazione. Una tragedia che ha lasciato un’altra vittima innocente, perché anche Alfred Kipe ha un figlio minorenne, che vive all’estero con la madre. Il 7 febbraio 2021 l’uomo aggredì sulla provinciale Luljeta, con la quale condivideva un appartamento a Milano, in zona Corvetto. Un raid brutale, che non ha lasciato scampo.

La donna, colpita con cinque coltellate al petto e alle gambe, è morta all’Humanitas di Rozzano. E, dopo poche ore, il cerchio si è stretto sul convivente, arrestato dai carabinieri. Kipe aveva anche provato a lungo a negare: davanti al gip aveva detto che con Luljeta litigava spesso, ma che con quella morte lui non c’entrava nulla. Testardo nel sostenere la stessa inverosimile versione anche di fronte all’evidenza di un filmato che lo incastrava, alle telecamere della zona che avevano registrato la sua presenza, accanto alla rotonda. E pure il suo stesso cellulare era diventata prova schiacciante contro di lui, agganciato alle celle in corrispondenza del luogo del delitto. Elementi che infine lo hanno convinto a confessare, 5 mesi dopo l’arresto. Ora è in carcere, dove sta scontando la condanna ieri ridotta a 21 anni. Confermata anche la provvisionale di circa 200mila euro, a titolo di risarcimento per la madre della vittima, parte civile nel processo. Somma che Kipe, nullatenente, probabilmente non verserà mai. "Sta seguendo un percorso di recupero per superare la dipendenza dall’alcol – spiega il suo difensore, l’avvocato Lino Terranova – e sta cercando di lavorare in carcere. La Corte d’Assise d’Appello, riducendo la pena, ha emesso una sentenza giusta".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro