Abbondate nella speranza non nelle illusioni

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Mario

Delpini*

Avete una speranza troppo piccola, troppo scarsa: rimprovera Paolo nella lettera ai Romani. La speranza troppo piccola è quella di coloro che si accontentano di quello che riescono a prevedere, quelli che sperano di arrivare a fine mese, quelli che sperano di non ammalarsi per il covid o l’influenza, quelli che sperano di poter andare a sciare, quelli che sperano che la diagnosi della loro malattia non sia un “brutto male”. La speranza troppo piccola è quella che coltiva l’aspettativa di andare in pensione, di andare in vacanza, di laurearsi entro l’estate...La speranza troppo piccola è quella che si pone una meta a portata di mano, che si fissa un traguardo vicino, forse non esaltante, forse non risolutivo di tutti i problemi, ma, insomma, probabile. "Siete malati di illusioni, voi che non avete speranza" rimprovera Giovanni Battista alle folle che chiedono il battesimo come una facile rassicurazione di mettersi in regola. Giovanni li apostrofa con parole aggressive: Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Sono malati di illusioni quelli che si illudono di tener in mano la propria vita, quelli che sono sicuri di sé e non credono di dover rendere conto a nessuno di quello che fanno. Sono malati di illusioni quelli che abitano la storia come una strada che non porta da nessuna parte: si accampano e si divertono, si dedicano ai loro affari e cercano di godersi la vita, si rassegnano e si sistemano nelle cose da fare e nella noia. Prima o poi verrà la fine. Muoiono insieme il giusto e l’empio. Fai quello che puoi. Fai quello che vuoi. Tutto finisce nel nulla. Non c’è nessuna speranza, nessun giudizio: malati di illusioni!

"Siete amici di Dio, voi che vivete nella speranza" dicono i profeti del Signore. Baruc esorta la città desolata a guardare lontano, a credere alla promessa di Dio di ricondurre i deportati per ricostruire Gerusalemme; Giovanni Battista alimenta la speranza del battesimo in Spirito Santo e fuoco, cioè il compimento della speranza di Israele. Chi si affida all’opera di Dio sperimenta l’abbondare nella speranza. L’avvento invoca il dono della grande speranza. La grande speranza è dono di Dio, è frutto dell’opera di Dio. Chi è troppo indaffarato nelle sue opere o troppo orgoglioso di quello che riesce a fare non può comprendere l’opera di Dio, non sa ringraziare per quello che Dio fa, non sa pregare: "Venga il tuo regno!". Il popolo di Dio si raduna e si forma perché si affida alla promessa ed esulta perché riconosce affidabili le promesse di Dio. La grande speranza è la speranza del popolo, della comunità. La tendenza individualistica induce a concentrarsi su di sé e a chiedere una consolazione “privata”. Ma la speranza che confida nell’opera di Dio è l’orientamento di un popolo, è un camminare insieme verso la terra promessa. Un popolo in cammino conosce il segreto della grande speranza e perciò costruisce rapporti che generano una fraternità originale, che, secondo le espressioni di Paolo, riunisce i circoncisi, cioè il giudaismo, e “le genti”.

Così anche la grande speranza rinnova i rapporti tra le persone: forma una comunità cristiana. Non una comunità perfetta, ma una comunità in cammino perché segue Gesù, viva per la grande speranza, unita nella carità umile, paziente, costruttiva. La grande speranza convince alla conversione. Le risposte perentorie di Giovanni alla gente, ai pubblicani, ai soldati indicano che per ospitare la speranza è necessario essere credenti, essere poveri, essere insieme, essere credenti. Il Dio della speranza e della consolazione vuole condividere con i suoi figli la sua gioia. Chi si affida alla promessa di Dio non teme il giudizio finale, l’ira imminente. Riconosce la verità di Dio in Gesù Cristo e sa che Dio compie solo il bene. Il discepolo si affida al Padre, con la semplicità dei bambini, con la saggezza frutto di tante esperienze, con l’esultanza festosa che rinnova la vita della vecchia Gerusalemme.

*Arcivescovo di Milano

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