Milano, 8 maggio 2014 - Non c’è traccia di narcotico. Nella bottiglietta ritrovata dentro l’auto del delitto, il perito incaricato dalla Corte d’assise ha trovato solo residui di acqua e di acido citrico tipico delle bevande gassate. Se Fize Lushi, 22 anni, la “lucciola” albanese accusata di aver ucciso un cliente in auto durante un rapporto sessuale, sperava di salvarsi così, cioè provando di essere stata addormentata con un sonnifero sciolto nella bevanda, allora la condanna è già scritta. In carcere ormai da un anno, la ragazza in pratica non si è mai difesa. Non parla, forse ha paura. Ma così rischia di dover trascorrere lunghi anni in galera.

«Quando mi sono svegliata e me ne sono andata, lui era vicino a me già morto», sono state le sue uniche parole. Salvatore Cercabene, 48 anni, il cliente trovato cadavere nella sua vettura nel giugno 2012, non era morto per infarto, come pensarono i primi soccorritori. L’autopsia rivelò che era stato ucciso per “asfissia meccanica”, in pratica con il collo schiacciato tra sedile e predellino e qualcuno con le ginocchia sulla schiena a impedirgli di respirare.

Chi è stato? Grazie alle telecamere presenti nel luogo - una via di Bruzzano, periferia della metropoli - i carabinieri individuarono la prostituta che era uscita dall’auto nuda e se l’era filata spaventata, con un cellulare all’orecchio. Così arrivarono a Fize, che nel frattempo era andata e tornata dall’Albania cambiando persino il nome. Finì in manette. Il movente, però, resta un mistero. Gioco erotico finito male? Reazione a un’aggressione dell’uomo? Intervento di una terza persona, per esempio il protettore della “lucciola”?

Di stranezze, nella vicenda e nelle indagini successive, ce ne sono state anche altre. Per esempio: di chi erano e che fine hanno fatto gli indumenti sporchi di sangue trovati nell’immediatezza del delitto in un sacchettino di nylon dentro il portabagagli dell’auto? Nessuno li fece esaminare e ora sembrano svaniti nel nulla. La ragazza, nel frattempo, non parla. Ha borbottato in aula di essere stata percossa, quella sera, ma l’amico che l’avrebbe vista coi lividi non si trova più. Però Cercabene aveva sulle spalle una condanna penale per aver narcotizzato e violentato una prostituta.

Così i giudici avevano accolto l’istanza dei legali della donna, gli avvocati Giovanni Marinosci e Marziano Pontin, di eseguire gli accertamenti sulla bottiglietta. Ma ora che tracce di narcotico non sono state trovate, che farà Feze? Andrà silenziosamente incontro al suo destino oppure spiegherà di essere stata aggredita e di aver reagito, puntando così a cavarsela con la legittima difesa? All’udienza in programma venerdì sarà ascoltato il perito che ha esaminato la bottiglietta. Poi la parola passerà per la requisitoria al pubblico ministero.