Milano, 16 aprile 2014 - Pazzo, ma non del tutto. Pazzo ma da processare e condannare. Venti anni gli piovono addosso: indifferente, apatico, gonfio di farmaci, un sonnambulo nel suo parka verde. Adam Mada Kabobo, 32 anni, ghanese, analfabeta o quasi. Assassino sì, del tutto, pluriomicida: tre passanti incrociati per caso, nell’alba della primavera di Niguarda, quartiere periferico di Milano, 11 maggio 2013. Spranga e piccone, sguardo cieco, Mada li termina uno ad uno: Alessandro Carolè, Daniele Carella, Ermanno Masini. Qualcuno si salva, non chiama soccorsi, e Kabobo marcia e stermina. Odiava i bianchi, dirà agli psichiatri che lo analizzano per quattro mesi. Voleva attenzione, un pasto caldo, nessuno gli parlava a Milano. Così ebbe l’attenzione strabiliata e ammutolita del mondo. Che, ancora, di fronte all’uovo in cui Mada è chiuso, s’interroga: pazzo?

Il processo lascia intatto l’enigma. Il giudice del rito abbreviato Manuela Scudieri emette una sentenza prevista: 20 anni, più altri 3 almeno in una casa di custodia e cura, come misura di sicurezza. Ma i primi giudici di Adam sono stati i periti, che ne hanno stabilito la processabilità, invece di giudicarlo totalmente infermo di mente. Capacità d’intendere quasi assente, di volere sufficientemente conservata, dissero.

E Mada a processo. La pena, la stessa richiesta dal pm Isidoro Palma, è la massima prevista se si considera la consistenza del vizio parziale di mente, una severa schizofrenia paranoide, oltre alla riduzione per il rito abbreviato. Ma non è la pena richiesta dalla parte civile Andrea Masini: «È insufficiente, vedremo poi se sconterà davvero questi vent’anni. In qualsiasi altro Paese, sarebbe stato condannato alla pena di morte o all’ergastolo ».

Più composta la reazione degli avvocati dei genitori di Carella, Antonio Golino e Jean-Paule Castagno: «L’interesse della famiglia è che questo signore non stia in strada». Il giudice stabilisce provvisionali immediatamente esecutive improbabili, a vedere il nullatenente, homeless, poche parole in inglese, quasi nessuna in italiano, e che senza l’interprete ghanese Nancy non avrebbe potuto comunicare neppure con gli psichiatri.

Duecentomila euro a famiglia: potranno essere, forse, in parte conquistati dall’avvocato Anna Cifuni (per Carolè) con una causa contro il Ministero dell’Interno perché l’Italia non ha costituito il fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, previsto dalla Ue. Il primo round è finito, i difensori di Mada, Benedetto Ciccarone e Francesca Colasuonno, torneranno alla carica in appello. Il punto è l’infermità totale di mente, e dove Kabobo deve scontare la sua follia: in galera o in manicomio?