Milano, 20 febbraio 2014 - Si è spostata nel centro di Milano la protesta dei 52 dipendenti in esubero di Privalia (FOTOGALLERY), uno dei principali siti di e-commerce di internet. Nella sede di Assolombarda si è svolto il terzo incontro tra l'azienda e i sindacati, dopo l'annuncio lo scorso 13 gennaio dei licenziamenti nel reparto produzione, che dimezzano il personale italiano. E finalmente qualcosa si è mosso: la società, spiega Marisa Moi di Filcams-Cgil, "si è aperta: sono disponibili a recuperare nove posizioni su Milano e 22 in Spagna, aiutando a trasferirsi, pagando il biglietto del viaggio, tre mesi di affitto per l'abitazione e un'indennità".

Inoltre Privalia si sarebbe detta disponibile a concedere una buonuscita superiore ai 6mila euro comunicati inizialmente e comunque corrispondenti ai contributi Inps che la società avrebbe dovuto versare. Infine, sul tappeto ci sarebbe il prolungamento di un anno di ammortizzatori, rispetto a quello che i lavoratori già avrebbero garantito, "così se si aprono nuove opportunità, il personale non è licenziato", aggiunge Moi.

LA PROTESTA - In mattinata, stringendo in mano il cartello che li ha resi noti, "Suona il clacson", per coinvolgere gli automobilisti e farsi sentire, i dipendenti hanno organizzato fuori da Assolombarda un presidio a suon di trombette, fischietti e altoparlanti per denunciare la decisione dell'azienda spagnola, motivata da "cambiamenti organizzativi nel mercato europeo". La strategia di Privalia prevede la chiusura in Italia del reparto produzione: fotografi, stylist, esperti in foto-ritocco e magazzinieri, per lo più personale under 40 con contratti a tempo indeterminato.

Una decisione piovuta sui dipendenti (52, dicevamo, su un totale di 118) come un fulmine a ciel sereno: "I conti sono in ordine, l'ultimo fatturato di Privalia è di 420 milioni di euro, di cui 80 in Italia". L'azienda aveva già proposto di trasferirsi nel reparto produzione centrale della casa madre, a Barcellona, o in quello in Brasile, "dove ci hanno detto che c'è un elevato turnover", spiegano i manifestanti, mentre le operazioni di fotoritocco sarebbero gestite dall'India. Ora arriva la disponilibità a un aiuto per gestire il trasloco. 

LE STORIE - Promesse che dovranno essere messe nero su bianco, per chiudere la vertenza sindacale e rassenerare gli animi dei dipendenti. Luisa, fotografa, ha due figli e un marito senza lavoro. In mezzo alla strada espone alto il suo cartello: "Mamma non vai al lavoro? No, Privalia mi ha licenziato". In azienda è entrata cinque anni fa, anche se da quattordici sta dietro l'obiettivo. "Se un'azienda di e-commerce che va bene lascia le persone a casa, non c'è futuro". Ramon protesta con sua moglie Luciana: entrambi dipendenti Privalia, entrambi sulla strada. Arrivato dal Brasile, ha trovato lavoro al reparto foto-ritocco. Dopo sei mesi il contratto a tempo indeterminato: "Stavamo anche comprando casa, la banca ci aveva dato la notizia che ci concedeva il mutuo", racconta con amarezza. E invece arriva la tegola.

Davide è uno dei dipendenti più giovani: 23 anni, da cinque nel gruppo spagnolo. Ruolo: stylist. "Sono cresciuto in questa azienda. Ci propongono il trasferimento all'estero, ma in Spagna e Brasile sappiamo che c'è un turnover più alto". Raffaele ha origini sarde, era in forze al magazzino: "Senza una buonuscita e con una mobilità bassa, ma come si fa con l'affitto?" Domande che rimbalzano dalla strade alle stanze in cui si discute del loro futuro.

NUOVO INCONTRO - Oggi pomeriggio, comunque, dopo sette giorni di sciopero fuori dagli uffici di Privalia, in via Tacito, è stato sospeso lo stato di agitazione. All'apertura della società i dipendenti hanno risposto tornando all'opera. Il loro lavoro, dirottato in Spagna, ha mandato in tilt il quartier generale di Barcellona, come hanno raccontato i colleghi iberici ai dipendenti italiani. E questi rivendicano il valore della loro professionalità: "Gli standard qualitativi li abbiamo dati noi, abbiamo cresciuto quest'azienda che ora porta in giro il nostro lavoro". L'incontro tra le parti è aggiornato al 28 di febbraio: non resta che aspettare.

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(pezzo aggiornato alle ore 22.30)