Milano, 28 novembre 2013 - Aveva aperto il primo ristorante indiano a Milano, importando di fatto i sapori e le spezie della sua terra in una metropoli ancora diffidente verso la cucina etnica. Pochi clienti all’inizio. Poi, negli anni ’80, il boom, quando era riuscito a trasformare un seminterrato, dietro ai Navigli, in un tempio del dio Ganesh, il nume con la testa di elefante, che secondo la religione induista è il protettore di tutte le nuove iniziative.

Lì aveva aperto “Sri Ganesh“, quello che sarebbe in breve diventato il più celebre e suggestivo ristorante indiano di Milano. Frequentatissimo e adorato da molti, dopo il conto era d’obbligo un saluto al dio e un inchino. Si poteva anche passare in cucina, a vederlo friggere zucchine e parlare di Ghandi. Una cucina forte, colorata, con ricette tutte sue che interpretavano i grandi classici del menu del Maharashtra, lo stato da cui veniva, ma anche del Kerala e del Nord.

Avinash di cognome faceva Ganesh, proprio come il dio che venerava. Veniva da Poona, la città di Osho e degli arancioni, sulla costa ovest, dove era nato il 29 agosto del 1952, ma era arrivato in Italia piuttosto giovane e ormai, circondato com’era da amici e fan, si sentiva milanese a tutti gli effetti.

Nel suo tempio-ristorante ci andava Giorgio Armani, ma anche Gabriele Salvatores, che quando lo vide per bene lo squadrò, lo prese da parte e lo convinse a recitare in un suo film («Nirvana», non a caso), nel 1997. Ci andavano i comici di Zelig, ma anche e soprattutto chi voleva far colpo su una ragazza, riuscendo sempre infallibilmente a far bella figura.

Nel locale invitava spesso musicisti, etnici in particolare, ma anche jazz o lounge. Una volta fece una piazzata a uno di loro, perché aveva mostrato le suole delle scarpe al pubblico, suonando. Un gesto considerato assai offensivo dalla tradizione indiana, ma che certo il malcapitato ignorava.

Lo notò anche qualche editore che riuscì a fargli scrivere qualche libro sulla cucina indiana, dove mise i segreti delle proprie ricette, con tanto di foto e istruzioni. Libri quasi introvabili, che andarono esauriti in pochi mesi.

Un giorno, diciamo una decina di anni fa, decise di lasciare Milano per andare a vivere in campagna. Seminando sconforto specie tra chi andava da lui per sentire un consiglio illuminato o anche solo una parola buona. Scelse una minuscola frazione di Varzi, nell’Oltrepò Pavese, dove si costruì un agriturismo con le proprie mani. Il primo agriturismo indiano d’Italia, Casa Ganesh, quattro stelle e mezza su Tripadvisor.

Le galline dietro il recinto diventavano succulenti polli tandoori, gli ortaggi e la verdura coltivata fuori dalla casa insaporivano il riso alle spezie, il latte delle mucche dei vicini era la base per i dolci al miele e alle mandorle o al pistacchio.

Visse giorni felici, nonostante il diabete, insieme a Mary, la sua eccezionale compagna inglese. Mercoledì notte un infarto se l’è portato via a 61 anni, spezzando il cuore a molti. La cerimonia funebre, a Casa Ganesh, ha richiamato almeno un centinaio di amici da Milano e dalla Lombardia, insieme alla figlia, tornata dall’Australia. A sorridere erano solo le galline, nel pollaio, scampate al patibolo fino a nuovo avviso. Ma Casa Ganesh sopravviverà ad Avinash?
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