Milano, 19 novembre 2013 - Un osso in tutto simile a quello umano, con la sola differenza che è fatto di bioplastica invece che di calcio. Ma una protesi realizzata in questo materiale, che imita l’architettura dei vasi sanguigni del nostro corpo, permette di ricostruire meglio maggiori porzioni di tessuti danneggiati (osseo o adiposo in casi di frattura, osteoporosi o asportazione del seno), poiché ne assicura la naturale ossigenazione. L’idea è di Tensive, una delle 14 startup della salute ospitate da Fondazione Filarete, incubatore di imprese biotecnologiche che ieri ha spento cinque candeline di attività.

A ottobre l’invenzione di Tensive ha sbaragliato 18mila concorrenti primeggiando in una competizione internazionale all’università californiana di Berkeley. La micro-impresa (è composta da quattro persone) è un esempio di quel 5% di startup che «ce la fa», trasformando un progetto di ricerca in un’applicazione che risponde a problemi reali. Come quello dei sistemi sanitari nazionali che devono far fronte a un mondo che invecchia: per le Nazioni unite nel 2050 gli over 60 saranno 1,5 miliardi.

In quel 5% rientra anche Wise, altra creatura cresciuta all’ombra di Filarete e ora dotata di un milione di euro di investimenti. La startup ha messo a punto una nuova classe di elettrodi, che migliorano la stimolazione nervosa in caso di riabilitazione o di malattie degenerative. E ancora: all’interno del progetto europeo «Save me» l’incubatore sostiene la sperimentazione di nanotecnologie per la diagnosi precoce di uno dei tumori più sfuggenti, quello al pancreas o, tra gli altri, di un programma, sviluppato da Braincontrol, che consente a quei 3,7 milioni di persone affette da gravi disabilità (come la Sla, la sclerosi multipla o la distrofia muscolare) di controllare gli oggetti con il pensiero.

Sono 20 le imprese interne ed esterne che in questi cinque anni Fondazione Filarete (partecipata in quote paritarie del 33% dai fondatori: Fondazione Cariplo, Intesa San Paolo e Università degli studi di Milano) ha aiutato a crescere, forte di una dotazione di 16 milioni di euro. È «lo scarso impegno finanziario — spiega Mariella Enoc, numero uno di Filarete e vicepresidente di Fondazione Cariplo — una delle cause più forti di mancato successo per le startup».

La finanza infatti è «la terza gamba dell’innovazione, dopo ricerca e azienda», incalza Gian Maria Gros-Pietro, presidente del consiglio di gestione di Intesa che, attraverso il fondo Atlante, tra 2011 e 2012 ha investito 7 milioni di euro annui in venture capital. Benché piccole, le startup biotecnologiche creano lavoro, poiché un addetto dell’innovazione origina cinque nuovi posti di lavoro nell’indotto. Ma perché queste micro-società trovino terreno fertile, da mesi l’associazione di categoria Assobiotec chiede la modifica del decreto Passera sulle startup, adottanto lo status di piccola impresa innovativa anche per il settore delle biotecnologie.

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