Milano, 3 novembre 2013 - “Milano è il mio arcobaleno. E’ una città dai mille colori grazie alla sua gente sempre generosa e disponibile”. Lo racconta Natasha Stefanenko, conduttrice tv e attrice.

Esiste ancora una “Milan col coeur in man”?
"Sì, sono russa, ma vivendo qui ho capito appieno la milanesità fatta di gentilezze silenziose e concrete. C’è una gran voglia di aiutare gli altri. Parlo in base alle mie esperienze. A Parigi o a Londra quando chiedi fanno finta di non capirti". 

Qui si è sentita capita?
"Certo, anche se in italiano sapevo dire solo “ciao” e non masticavo una parola d’inglese. Parlavo solo russo. La mia vita è cambiata nel 1991. Ero a Mosca dove studiavo ingegneria mineraria, quando vinsi l’edizione russa del concorso “The Look of the Year”. Mi sarei dovuta trasferire a New York per le finali, ma rifiutai. Volevo laurearmi. Il patron del concorso, John Casablancas, fondatore dell’agenzia “Elite”, mi garantì il terzo posto. Ma fui irremovibile. A distanza di anni penso che se fossi andata a New York la mia vita avrebbe preso una piega diversa. Ma è sciocco avere rimpianti".

E invece venne a Milano?
"Sì, l’anno dopo nel 1992. Dopo la laurea, nella Russia di Gorbaciov c’era un grande fermento ma poco lavoro. Capii che non sarei riuscita a fare nulla. Allora misi da parte le mie riserve nei confronti della professione di modella, contattai la “Elite”. Mi dissero che avevano anche una sede a Milano e scelsi di trasferirmi qui perché le procedure per ottenere il visto in Italia erano più veloci rispetto alla Francia e alla Germania".

E dunque?
"Appena atterrata, Milano mi sembrava buia, grigia, ma forse era il riflesso dei timori che avevo dentro. Ero dominata dalla paura di non farcela. Trovai una sistemazione in un appartamento vicino alla Darsena. Il mio primo lavoro fu per la pubblicità di uno shampoo che mi fece guadagnare un milione delle vecchie lire. Cioè quanto prendeva in un anno mio padre che faceva l’ingegnere nucleare in Russia".

Insomma addio pregiudizi?
"All’inizio mica tanto. Mi sentivo goffa e inadeguata, con le mie mani grandi e le gambe lunghe. Meno male che divenni amica di Iris, una modella tedesca che mi insegnò tutto. Per le altre colleghe sarei potuta pure precipitare in un abisso. Una sera in un ristorante incontrai il regista Beppe Recchia che mi propose subito un lavoro. Non capivo nulla, credevo volesse importunarmi. Mi dicevano che me la tiravo perché non sorridevo mai, ma non volevo essere scambiata per una ragazza facile. Recchia comunque non mollò. Contattò la mia agenzia, riuscì ad ottenere un appuntamento e alla fine mi convinse a debuttare in tv con Gerry Scotti".

Come andò?
"Erano gli anni 1992-‘93 de “La Grande sfida” su Canale 5. Gerry fu meraviglioso. All’inizio dovevo dire solo “Da” che in russo significa sì. Ma non ero capace di fare la bella e basta. Cominciai a studiare come una matta l’italiano. E ad ogni puntata riuscivo a dire sempre qualche parola in più. Fu un’esperienza importante. Poi ho affinato le mie doti con Frizzi, un grande maestro e Paolo Rossi, che mi ha insegnato i tempi della comicità, a me molto congegnali".

Continua a vivere a Milano?
"No, vivo nella Marche ma ho mantenuto una casa nella zona di Corso Como. Ci ho trascorso i miei migliori anni milanesi. E’ la via che proietta verso il futuro perché conduce alla nuova zona di Porta Nuova con quel viale in leggera salita che assomiglia alla passerella dell’astronave di Star Trek. E poi quella rosa di grattacieli è un’opera d’arte".

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