Milano, 31 ottobre 2013 - Le strade di Kabobo. In salita e verso processo e condanna certa. Quindici, 20 anni di carcere, o di ospedale psichiatrico giudiziario, stanno nel futuro assente di Mada Adam, quello dei tre delitti a mazzate, con spranga e piccone. Quello che in tre muoiono falciati, e in due si salvano per il rotto della cuffia. Quello che cercava la morte, antidoto al desolato vuoto Milano, ma per converso l’ha somministrata in quantità.

«Credevo mi sparassero» - dice agli psichiatri che quest’estate lo hanno più volte interrogato nel centro clinico di San Vittore; sperava almeno che lo fermassero e lo sbattessero in gattabuia, (un letto e un pasto caldo là ci sono), quando, come un nero e allucinato angelo sterminatore picconava uomini per le strade nell’alba dell’11 maggio di Niguarda. Ma Kabobo no, non trova il suo sterminatore. È vivo, insano ma non del tutto, pronto a sostenere un processo. Che si apre su incognite, distinguo e calcoli giuridici, valutazioni sull’intensità più o meno preminente del “vizio di mente”.

Con "l'incidente probatorio", celebrato l’altro ieri davanti al giudice delle indagini preliminari Andrea Ghinetti, si conclude una fase per il ghanese 31enne, giunto con un barcone della speranza in Italia nel 2012, passato per Bari e Lecce, approdato nel marzo 2013 a Milano.

Quell’udienza, alla presenza dei consulenti del giudice, gli psichiatri Isabella Merzagora e Ambrogio Pennati, dei consulenti di parte e degli avvocati, ha avuto il valore di cristallizzare come “prova” il lavoro tecnico sulla mente di Adam-Mada. Un’analisi, ricca di sfumature, ma che deve concludere in termini concreti sulla possibilità dell’indagato di essere processato. E alla fine - scrivono i periti - Kabobo «è capace di coscientemente partecipare al procedimento», stando alla sua stessa percezione di quanto ha commesso.

Tutto ciò, con complessi distinguo: pur affermando «con ragionevole certezza, che il quadro psicopatologico appare di tipologia francamente - e gravemente - piscotica», la capacità d’intendere viene data come «grandemente scemata, ma non totalmente assente» - intesa cioè come «l’idoneità del soggetto a rendersi conto del valore sociale delle proprie azioni e quindi percepirne il significato» -, e «sufficientemente conservata» risulta la «capacità di volere, definita come attitudine dell’individuo ad autodeterminarsi, e quindi a orientare gli atti compiuti in modo finalistico, rispetto al significato percepito».

In questo quadro si inserisce poi una valutazione tombale di «pericolosità sociale elevata». A breve, Kabobo va a processo. Prima dell’11 novembre, il pubblico ministero Isidoro Palma chiederà al gip il rito immediato (entro sei mesi dal fatto e in caso di prova sufficiente, consente di saltare l’udienza preliminare). Entro e non oltre l’11 novembre, il gip con ogni probabilità ammetterà il rito immediato. In pochissimi mesi, un nuovo giudice dell’udienza preliminare, Manuela Scudieri, fisserà l’udienza in cui i difensori del ghanese avranno interesse a chiedere il rito abbreviato. Formula alternativa, consente la riduzione di un terzo della pena, a fronte di un’accusa di triplice omicidio volontario e lesioni volontarie. L’indagine peritale su Kabobo, divenuta prova appunto, inciderà sulla valutazione di un’attenuante specifica, il vizio parziale di mente, che riduce fino a un terzo la pena ritenuta congrua.

Questa, nel caso di Kabobo, accusato di omicidio volontario (non premeditato), farebbe diminuire il massimo dei 30 anni a probabili 24. Cifra che sarebbe però soggetta all’aumento per la continuazione - tra il primo omicidio e gli altri due e le altre due lesioni - fino a 12 anni per vittima e a un anno per ferito, quindi di nuovo a 30 anni.

Su questo conteggio finale, inciderebbe, in ultimo, lo sconto del rito abbreviato, che porta la condanna a circa 20 anni. Il circa è d’obbligo, parlando di scenari plausibili, ma non privi di variabili, e sempre che non entrino in campo altre valutazioni più favorevoli all’imputato. Dove e come, poi, Kabobo, affetto comunque da una severa schizofrenia tenuta a bada dai farmaci, sconterà la condanna, è onere sulle spalle del solo giudice preliminare.
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