di Luca Zorloni

Milano, 20 luglio 2013 – Sul web è ancora definito “imperdibile”, ma il Museo di criminologia e delle armi antiche della Pusterla di Sant'Ambrogio, meglio noto come il Museo della tortura di Milano, è un monumento perduto. Ormai da oltre un decennio. È stato sloggiato nel Duemila, ma su internet si possono ancora trovare recensioni entusiaste. Così come resiste ancora la targa fuori dalla Pusterla. Peccato che l'incauto turista, arrivando alle torri medievali, non trovi che una porta serrata e tanta polvere. Il museo ha chiuso e questa è cronaca che molti (ma non tutti) ricordano. Dove sia finito, invece, è la storia che raccontiamo oggi. Per fortuna non in cantina.

Ruote, manette, gabbie e altri aggeggi inventati per infierire su criminali, eretici e presunte streghe sono tornati nelle mani del legittimo proprietario: il museo della tortura di San Gimignano. “Ma saremmo rimasti volentieri a Milano”, dice uno dei proprietari, Matteo Cantini. Ora i pezzi sono divisi tra la città turrita e le collezioni di Lucca, Siena, Volterra e Montepulciano. “A San Gimignano, tra giugno e settembre, registriamo fino a trentamila ingressi – spiega Cantini –. Abbiamo fatto esposizioni anche all’estero, in Messico, Spagna e Stati Uniti”.

Alla Pusterla c’era anche una panoplia di armi, archibugi e spade, di proprietà dell’Associazione amatori armi antiche, ora finita nelle teche del museo della Torre della Cesta a San Marino. Dal Titano spiegano che nel 2012 i turisti sono aumentati. E Milano? Da tredici anni la Pusterla di Sant'Ambrogio, ovvero l'antica porta fortificata nei pressi della basilica romanica, è un museo fantasma.

I due bastioni, iniziati nel 1167, furono restaurati nel dopoguerra proprio dall'Associazione amatori armi antiche, che in cambio dei lavori ebbe la gestione degli spazi. Nel 1948 inaugurò l’esposizione delle armi antiche. Nel 1985, dopo qualche mese di chiusura, la collezione fu integrata con gli strumenti di tortura. Il museo si auto-sostentava con gli incassi dei biglietti. Nel novembre del Duemila però arrivò il foglio di via. Il Museo di criminologia non era più gradito, la collezione era considerata diseducativa. Benché la mente che l'aveva pensata, Orazio Curti, fosse stato direttore e ideatore dei percorsi del vicino Museo della Scienza e della tecnica (oggi tecnologia).

All’inaugurazione di quella Gardaland dell’orrore, immersa in un’atmosfera gotica al 100%, erano presenti anche padre David Maria Turoldo e Amnesty International. Nel 1999 Curti morì e il figlio, Aldo, allora studente universitario, nonostante una campagna pro-museo portata avanti anche dall'artista Davide “Atomo” Tinelli, dovette arrendersi. Gestì ancora per un po' la Pusterla, affidando gli spazi a un'associazione di collezionismo. Poi vennero i progetti fantasiosi della burocrazia: aprire nelle torri la biglietteria del museo della Scienza e della tecnologia, ricavarvi un ritrovo per universitari o infopoint turistico. Tutto è rimasto sulla carta. 

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