Milano, 8 giugno 2013 - Una donna con la parrucca che «si trasforma in un maschio». Una bambina di appena tre anni violentata e maltrattata nella scuola materna a cui è iscritta per frequentare il centro estivo: abusata «da un uomo» che si rivelerà poi essere una femmina, secondo la ricostruzione della procura e dei carabinieri. Un intreccio angoscioso e torbido fatto di colpi di scena e di risvolti imprevedibili, che ha lasciato di stucco gli stessi investigatori: «Potrebbe essere la trama di un film dell’orrore, come Psycho». Così è stata definita una storia che risale al luglio del 2011, ma che solo ieri è venuta fuori con forza dopo il rinvio a giudizio dell’unica indagata: una signora di 54 anni, M.B. sono le iniziali, che all’epoca dei fatti — se verranno confermati a processo — era segretaria dell’istituto in cui si è consumato l’incubo per almeno una piccola alunna. I genitori di un altro bambino iscritto alla stessa scuola avevano denunciato fatti simili, ma il caso è stato archiviato.

Ora la signora dovrà rispondere di violenza sessuale e percosse. In questa vicenda che ha scosso profondamente le famiglie del popoloso quartiere alla periferia Nord della metropoli — al punto che il Comune ha annunciato che si costituirà parte civile al processo contro la segretaria — molti sono i punti inquietanti. Tutto nasce dalla denuncia di una famiglia, il 2 agosto 2011, alla locale caserma dei carabinieri: la loro bimba di tre anni — iscritta al centro estivo comunale che si teneva nella materna — aveva cominciato a mostrarsi inquieta, angosciata. Con l’aiuto di uno psicologo fa emergere il suo incubo: la bimba — che chiameremo Anna — parla di un uomo senza capelli che entrava «nella stanza del riposino», l’ala della scuola dedicata all’ora di sonno. Nessun uomo, però, aveva accesso alle aule, men che meno al dormitorio. Lo confermano la preside e le insegnanti, più volte ascoltate dai militari. Il lavoro per gli investigatori si complica.

Nel frattempo, con l’arrivo dell’autunno, ricomincia la scuola. E la voce dei presunti abusi si diffonde rapidamente. In un effetto domino, altri genitori cominciano a segnalare strani comportamenti nei loro piccoli: i racconti vengono confrontati, intrecciati. In tutti si parla di «un uomo» che entrava nella stanza dei bimbi durante il sonnellino. Gli interrogatori si fanno più serrati. E cominciano a filtrare — fra mille reticenze — le prime ammissioni, a delinearsi i primi sospetti. Viene fuori il nome di una donna, una segretaria con un’esperienza trentennale, che svolgeva il suo compito anche in altri istituti che facevano capo allo stesso polo scolastico: tre materne e un nido.

La donna — che a sua volta era stata maestra prima di passare «per problemi di salute» alla parte amministrativa — chiedeva di vegliare i piccoli nell’ora della nanna. E le maestre la lasciavano fare. Le indagini si stringono intorno a lei: nella scuola vengono installate delle telecamere e i telefoni vengono messi sotto controllo. I carabinieri scoprono che la segretaria soffriva da un anno di cancro, e aveva perso i capelli per colpa della chemioterapia. Indossava una parrucca, dunque, che toglieva al momento in cui restava sola coi piccoli, nella penombra della stanza dedicata al loro riposo. Qui, sempre secondo la ricostruzione dell’accusa, sarebbe iniziato l’incubo, almeno per Anna. La donna — «che faceva un gioco di magia, si trasformava in un maschio e cambiava voce», così hanno raccontato anche altri alunni — si sdraiava vicino ai piccoli, «per fare le coccole». Coccole che, stando al racconto di Anna e alla ricostruzione degli inquirenti, si sarebbero trasformate in una vera e propria violenza sessuale.

Non solo: la donna è accusata anche di aver malmenato la piccola, sculacciandola, dandole schiaffi e pizzicotti. La segretaria provò a far ricadere i sospetti su un giardiniere della scuola, che tuttavia al momento in cui sarebbero avvenute le violenze si trovava a centinaia di chilometri di distanza. Nell’ottobre del 2011 fu iscritta nel registro degli indagati. Ma nel frattempo la signora si era messa in aspettativa e non era più a contatto coi piccoli. Da allora sono dovuti passare quasi due anni prima del rinvio a giudizio: a settembre l’udienza. Per la famiglia di Anna è un primo passo per fare un po’ di luce in un incubo orrendo.

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