di Luca Zorloni

Milano, 20 aprile 2013 - Come i loro nonni, anche i nativi digitali costruiscono da sé i propri giocattoli. Ma a differenza dei primi, che usavano legno, stoffa e carta, i secondi adoperano codici binari e computer. Inventano i videogame con cui vorrebbero cimentarsi e li programmano da soli. E il passo è breve per combinarne di ancora più grosse. Benvenuti in Coderdojo, un movimento di formazione di baby smanettoni che sta facendo il giro del mondo.

Partito dall'Irlanda due anni fa, per iniziativa di James Whelton, undici anni il 31 agosto, celebre per aver crackato il suo iPod, e con il sostegno dell'imprenditore Bill Liao (co-fondatore di Xing), Coderdojo è sbarcato anche a Milano. Questa mattina quarantaquattro bambini, tra i sette e i dodici anni, hanno appreso l'abc della programmazione guidati da volontari.

È il terzo appuntamento di Coderdojo Milano. Rigorosamente gratis, come recita il manifesto dell'associazione internazionale che ha conquistato già ventidue paesi e in Italia ha messo radici, oltre al capoluogo lombardo, a Firenze, Catania, Brescia e in Sardegna. A Milano, dal primo evento di febbraio le iscrizioni hanno registrato un boom. Dalle dodici iniziali al centinaio arrivate per la lezione di oggi, che è stata trasferita in una sede più grande, il Talent Garden di via Merano a Milano.

Venticinque i mentor, ovvero gli insegnanti, tutti volontari. Angelo Sala è il coordinatore dell'associazione meneghina. Papà di tre bambini, ex programmatore, è passato alla gestione aziendale ma ha aderito entusiasta alla filosofia Coderdojo: «L'approccio è ludico. Usiamo strumenti per la programmazione che permettono ai bambini di fare gli stessi tipi di ragionamento degli adulti, ma in modo semplificato». Per ora Coderdojo Milano segue solo ragazzi dai sette ai dodici anni, ma, aggiunge Sala, «a settembre vorremmo coinvolgere anche gli adolescenti». I "grandi diventano poi mentor dei più piccini. Gioco di squadra.

Le lezioni (la prossima il 18 maggio, iscrizio su coderdojomilano.it) si svolgono di mattina e si articolano in due fasi, di un'ora ciascuna. Nella prima, i mentor propongono un tutorial e invitano i ragazzi a replicarlo. Nella seconda parte gli allievi sono invitati a lavorare da soli sul proprio pc, sviluppando ciò che preferiscono. Utilizzano un alfabeto informatico di base. «I tool sono simili ai mattoncini Lego - spiega Sala - . Si prendono dei blocchi preimpostati, si trascinano sullo schermo e si scrive il programma». Ma per usare bene il materiale, i bambini devono metterci l'ingrediente principale: la loro testolina.

Nei primi due incontri gli smanettoni in erba hanno realizzato delle brevi animazioni. Qualcuno poi ha continuato a combinare codici su codici a casa e si è inventato un videogioco elementare, un pronipote del «Pong» della Atari, distribuito nelle ludoteche americane nel 1972. Questa mattina i piccoli sviluppatori hanno fatto un passo più. Hanno creato un arcade a scorrimento a tema spaziale. Razzi, missili e astronavi: una pacchia per i bambini.

Perché frequentare la palestra degli sviluppatori? Sala ha una sua risposta: «Attraverso la programmazione si acquisiscono abilità che servono sempre, nella vita di tutti i giorni. Per me questa è la cosa più importante. Di questi ragazzi, non tutti da grandi faranno gli informatici». Alcuni, come i loro nonni, sognano ancora di diventare astronauti.

luca.zorloni@ilgiorno.net

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