di Giulia Bonezzi
Milano, 11 aprile 2013 - Due anni e mezzo fa G. R. sfidava un regolamento non scritto a Scalo Romana, testimoniando contro gli assassini di Luca Massari, il tassista massacrato per aver investito un cane ed essersi fermato a chiedere scusa, e morto un mese dopo, a 45 anni. Per l’omicidio sono stati condannati Michael Morris Ciavarella (16 anni col rito abbreviato) e Piero Citterio (13 anni in appello); a Stefania Citterio, compagna del primo e sorella del secondo, è stato riconosciuto il concorso a fini civili.
Per la testimonianza G. R., quasi 34 anni oggi, e sua moglie L.Z., 24, hanno ricevuto l’Ambrogino d’oro. Che non hanno ritirato di persona, perché sono arrivate anche minacce, intimidazioni, la macchina bruciata sotto casa subito dopo l’arresto di Ciavarella. Hanno dovuto lasciare Milano e rifugiarsi in un paese di duemila anime nella campagna pavese, con la loro bambina che quel 10 ottobre del 2010 aveva un mese. Adesso sono sotto sfratto, a luglio perderanno la casa. «Quel giorno ha cambiato la mia vita. Ho perso il lavoro, la casa che ho dovuto svendere, la mia città». La serenità, perché «a Milano torno lo stretto necessario, anche quando vado in un centro commerciale non mi sento tranquillo». Soprattutto perché quello che ha visto dal balcone di via Ghini non riesce a dimenticarlo: «Una cosa così brutta, non puoi far finta di niente». Lo pensa anche dopo che «ho perso tutto, vado avanti per mia moglie e mia figlia». Gliel’hanno giurata per aver sfidato l’omertà tra le strade dov’era cresciuto.
«Quei ragazzi li conoscevo; da un estraneo forse sarebbe stato accettato, da me no. Ho capito subito che me ne dovevo andare». È elettricista G., dall’età di 14 anni; ha lavorato anche sugli impianti d’allarme, «giravo tutta l’Italia. Il mio lavoro lo amo, ma sono disposto a fare qualsiasi cosa. Ho detto no solo quando mi hanno suggerito di chiedere una pensione d’invalidità: io posso lavorare. Voglio lavorare». E ci ha provato «come un dannato». Fino a fare 160 chilometri al giorno (e due caselli, più il gasolio) per tre mesi «e poi l’azienda non mi ha pagato». A proporsi a una ditta di pulizie e sentirsi rispondere «di no, perché non ho esperienza». Sua moglie L. il lavoro l’ha perso a febbraio, alla scadenza dell’apprendistato. Sopravvivono con l’aiuto dei parenti e «di qualche amico», ma l’affitto di 550 euro non riescono a pagarlo, neanche un avvocato per andare in tribunale e vedersi negare la sospensione dello sfratto, la scorsa settimana. «Tante belle parole, ma poi le istituzioni ci hanno abbandonati». Dal piccolo Comune in cui vive G. ha avuto «solo 300 euro nell’agosto 2011, ci ho pagato le bollette». «Eravamo tra i più ricchi d’Italia, ora fatichiamo a pagare il personale - sospira il sindaco -. Facciamo quello che possiamo per loro, continueremo». Adesso però, di G., hanno saputo i tassisti milanesi. «Abbiamo già fatto partire una colletta», spiega Marco Marani, vicepresidente di Unica Filt-Cgil, che ieri l’ha chiamato. Gli ha anche offerto lezioni gratuite alla scuola dei tassisti, oggi non è necessario essere titolari di licenza per cominciare. E certo non si opporrebbero i colleghi, che Luca non l’hanno mai dimenticato. Neanche G.: «Mi han detto che era davvero una brava persona». Di quelle che se investono un cane non riescono a tirare dritto. Figuriamoci se vedono uccidere un uomo.
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