Milano, 2 febbraio 2013 - Dall'Ebook alle carte bollate il passo non è stato breve. A quasi sette mesi dall’uscita del «Giovane Caravaggio - Le cento opere ritrovate»la giunta di Milano ha deliberato che il Comune farà causa civile per risarcimento danni>«in relazione alla vicenda» deflagrata quando Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli, con quel doppio volume venduto su Amazon e poi su Lulu.com, annunciarono d’aver scoperto la mano del Merisi in quasi un centinaio dei 1.378 disegni del Fondo intitolato al suo maestro Simone Peterzano, custodito nel Gabinetto del Castello Sforzesco.
 

Attribuzione «proclamata e infondata», precisa in una nota Palazzo Marino, che procede per danno d’immagine. Non li porta in tribunale per aver detto che i disegni sono di Caravaggio; l’azione legale «è motivata dall’utilizzo di espressioni diffamatorie», «amplificate dal clamore mediatico delle testate giornalistiche di tutto il mondo, che hanno leso l’immagine del Comune e offeso la professionalità dei dipendenti comunali preposti alla tutela dei beni culturali della città». In quei giorni di luglio, quando la storia faceva davvero il giro del mondo, Palazzo Marino taceva e gli storici dell’arte con poche eccezioni stroncavano la loro «scoperta», Curuz e Fedrigolli la difesero come leoni. Anche dall’accusa di non aver mai visto i disegni dal vivo, ma solo le riproduzioni in bassa risoluzione.

E quando la conservatrice del Gabinetto disse che da lei quei signori non si erano mai presentati, Curuz la esortò a dimettersi («È in malafede», «Era seduta su Caravaggio e non se n’è accorta»), aggiungendo d’aver visitato «diverse volte gli archivi», «fuori dall’orario di ufficio, accompagnati da altre persone» e con l’aiuto «di un funzionario d’alto livello». Le sue dichiarazioni sono state oggetto di una indagine interna, giunta alla conclusione che quelle visite notturne «non sono mai avvenute», ha detto l’assessore alla Cultura Stefano Boeri a metà dicembre. Quando il comitato scientifico composto da funzionari, esperti di disegno arrivati da Washington e dal British Museum e studiosi di Caravaggio come Giulio Bora e incaricato dal Comune di esaminare la «scoperta» di Curuz e Fedrigolli, ha concluso che nessuna delle loro quasi cento attribuzioni regge ai canoni scientifici richiesti dalla critica d’arte. E ha risposto a mezzo mostra, esponendo i quasi cento diventati famosi col titolo «Simone Peterzano (ca 1535-1599) e i disegni del Castello Sforzesco», gratuita e fino al 17 marzo al Castello.
 

In un mese e mezzo l’hanno vista 7500 persone («Un record»), e tra loro Vittorio Sgarbi, che è stato quasi l’unico ad apprezzare, e fin dall’inizo, l’intuizione e il metodo di Curuz e Fedrigolli. Anche adesso li difende: «Il comitato scientifico notoriamente è composto da persone di varia competenza, alcune delle quali si comportano come fossero totalmente prive di occhi». Però ha apprezzato anche la mostra, che «secondo me non sconfessa i due studiosi, anzi li legittima, dimostrando che hanno scelto un buon terreno sul quale indagare: ho visto almeno 15 disegni che potrebbero essere di una mano diversa, e migliore, di quella di Peterzano. Anche senza la certezza che sia quella di Caravaggio, hanno aperto la strada a un legittimo dubbio. E trovo il loro metodo provocatorio molto meno meritevole d’indignazione dell’idea di Boeri di portare la Pietà Rondanini dal Castello a San Vittore».

giulia.bonezzi@ilgiorno.net