Milano, 18 luglio 2012 - Esclusi in trecento, diventeranno tremila. Tutti in una sola class action del San Raffaele. Quelli dell’epoca di don Luigi Verzè e di Mario Cal, quelli che ora - tuttora dipendenti della struttura di via Olgettina - lamentano un danno forse sanabile solo in sede civile.

Ma intanto, e in attesa che il processo penale stabilisca i risarcimenti all’unica parte civile ieri ammessa, la Fondazione San Raffaele, il giudice preliminare Maria Cristina Mannocci subito dispone, a tutela della struttura in concordato preventivo, il sequestro conservativo di beni mobili e immobili per 43 milioni e 936mila euro. Valori da rintracciare fra le proprietà degli imputati di bancarotta per dissipazione, a partire dal collettore dei fondi neri Pierangelo Daccò, gli imprenditori delle retrocessioni in nero Pierino e Gianluca Zamamrchi, l’ex direttore finanziario del gruppo Mario Valsecchi, gli imprenditori Andrea Bezzicheri e Fernando Lora e il contabile Carlo Freschi.

Lavoratori e ricercatori del Monte Tabor invece esclusi come parte civile dal processo penale, da settembre scendono in campo contro Daccò e gli altri cinque accusati di concorso in bancarotta. La voragine di oltre un miliardo di euro, sulla quale il tribunale fallimentare di Milano, con una sentenza pilota e un’asta priva di precedenti, ha tentato di mettere una pezza col salvataggio e i 405 milioni di euro del nuovo acquirente Giuseppe Rotelli.

Trecentoventi lavoratori e il sindacato Usb sono stati infatti estromessi dal presidente della terza sezione penale Patrizia Lacaita che ha rigettato la costituzione di parte civile nel dibattimento a carico degli Zammarchi, Lora e Freschi (Daccò e Andrea Bezzicheri procedono in rito abbreviato). La perdita di chance lavorative e il danno subito, secondo i giudici, rientrano semmai nei profili di «responsabilità extracontrattuale».

Mentre ammessi alla costituzione sono la Fondazione San Raffaele e i commissari giudiziali, da cui l’ordine di sequestro di ieri, e dopo che Daccò è stato già “ripulito” coi sigilli messi nell’ambito dell’inchiesta sui fondi neri Maugeri. Così i legali dei lavoratori, Paolo Pentella ed Edoardo Bortoletto, annunciano la causa civile «probabilmente anche nei confronti della Regione Lombardia che non ha vigilato». E ancora ieri i legali degli Zammarchi (Andrea Soliani, Mario Zanchetti, Salvatore Scuto e Sandro Celmenti), hanno ribadito la richiesta di rito abbreviato condizionato a una consulenza tecnica che dimostrerebbe la congruità tra le commesse ricevute e i prezzi di mercato. Esclusa, la congruità, dal pm Luigi Orsi: «Le commesse erano pagate due volte il prezzo di mercato. E non esiste in natura che un fornitore versi in contanti oltre 5 milioni ai suoi clienti, 5 milioni del San Raffaele».

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