Milano, 19 novembre 2011 - Uno strano "passaggio" di un milione di euro proprio il 18 luglio scorso, giorno in cui Mario Cal, braccio destro di Don Luigi Verzé, si tolse la vita. C’è anche questo particolare negli atti dell’inchiesta con al centro il San Raffaele. La somma, nel 2008, era stata erogata dal gruppo ospedaliero alla Metodo, società dei costruttori Zammarchi, che l’aveva ‘girata’ a una societa’ austriaca di Piero Dacco’. Il giorno del suicidio di Cal, i soldi però, come scrivono i pm, tornarono in Italia, alla Metodo.

 

IN CARCERE - Il Gip di Milano, Vincenzo Tuchinelli, ha convalidato il fermo e disposto l’arresto e la custodia cautelare in carcere per Piero Daccò, l’uomo d’affari arrestato nell’ambito dell’inchiesta sul quasi crac del San Raffaele. Il Gip ha motivato la sua decisione col pericolo di fuga e il pericolo di reiterazione del reato.Piero Daccò, che vive tra Londra, la Svizzera e il Sud America, è stato fermato nei giorni scorsi quando era di passaggio a Milano e dopo che gli inquirenti hanno scoperto che aveva intenzione di recarsi in Israele.

 

Per questo nel pomeriggio dello scorso 15 novembre è stato fermato per poi essere trasferito nel carcere di Opera. Ieri è stato interrogato dal gip Vincenzo Tutinelli davanti al quale l’intermediario ha fornito le sue spiegazioni sui tre episodi di bancarotta contestati. Durante l’interrogatorio che si è svolto ieri, Daccò si era difeso sostenendo di non voler fuggire in Israele, come ritenuto dalla Procura sulla base di una intercettazione telefonica. Durante l’interrogatorio che si è svolto ieri, Daccò si è anche difeso sostenendo di non voler fuggire in Israele, come ritenuto dalla Procura sulla base di una intercettazione telefonica, ma per il gip ''sembra possibile affermare la reale ed effettiva preparazione della fuga''.
 

 

"CONFESSIONE PARZIAL E CAPZIOSA" - Per il gip nell'interrogatorio di ieri Daccò ha fornito una ''parziale e capziosa confessione''. L'intermediario avrebbe spiegato che riceveva si' buste di contanti da Mario Cal ma che erano restituzione di prestiti, per cui la ricostruzione puo' essere considerata come una sorta di ''confessione'', anche se ''parziale e capziosa''.  Nelle circa 140 pagine di motivazioni Tutinelli spiega che Dacco' ha un ''ruolo non marginale e finanche di primo livello
nella gestione di capitali all'estero''.


Secondo l'accusa, infatti, Dacco' sarebbe stato un intermediario attraverso il quale sarebbero stati creati i
'fondi neri' a danno delle casse del San Raffaele.  Il giudice, inoltre, affronta in parte la questione di diritto posta dai legali dell'indagato, i quali hanno fatto presente che i pm non potevano contestare il reato di bancarotta, perche' la fondazione San Raffaele e' stata ammessa recentemente al concordato preventivo. Il giudice fa pero'
notare ''che la condotta (di Dacco', ndr) sarebbe allo stesso modo punibile a titolo di riciclaggio'', reato quest'ultimo che pero' non e' contestato. Inoltre, secondo il giudice, il concorso in bancarotta poteva essere contestato perche' i pm di Milano avevano presentato istanza di fallimento nei confronti del gruppo ospedaliero. Infine il giudice parla della ''dolosita' delle azioni'' di Dacco', facendo riferimento anche ai suoi intrecci societari.